CUNEO - ‘C’erano ciottoli al posto dei massi negli argini dello Stura’

Si ipotizza una frode da 100mila euro al Comune di Cuneo nei lavori anti-alluvione a Ronchi. Coinvolta un’impresa calabrese collegata alla ‘ndrangheta

a.c. 23/07/2019 13:57


A difendere l’abitato di Ronchi dalle alluvioni avrebbero dovuto esserci una serie di massi ciclopici ingabbiati da una struttura metallica. Quando però si è andati a vedere cosa ci fosse davvero in questi rivestimenti, ci si è accorti che erano presenti in larga parte materiali di risulta, ciottoli e sabbia.

L’inchiesta sui lavori di difesa spondale effettuati tra il settembre 2013 e l’aprile 2014 sullo Stura era partita già all’indomani del loro completamento. Che qualcosa nel rifacimento di quegli argini non andasse la Guardia di Finanza l’aveva sospettato fin dai primi sopralluoghi, in giugno. Già allora si era potuto constatare un parziale collasso dei cinque ‘pennelli’ posti sulla sponda sinistra del fiume, con l’intento di alleggerirne la portata da quel lato. Anche la scogliera posta a valle del viadotto autostradale, poi, presentava alcune evidenti criticità.

“L’opera era destinata a perire naturalmente perché l’azione dell’acqua avrebbe fatto sì che questo complesso di massi, di dimensioni inferiori a quelle previste, cadesse su se stesso” ha concluso la Procura al termine del processo intentato contro il direttore dei lavori ingegner Aldo D., il suo collaboratore Domenico R. e tre persone in rapporti con la società calabrese Icop srl tra cui Amedeo D'U., direttore tecnico del cantiere e fratello dell’amministratrice della Madonna costruzioni srl.

Ma cosa c’entra la reggina Icop con l’appalto da 800mila euro, finanziato dalla Regione su richiesta del Comune di Cuneo, che nell’agosto 2012 era stato aggiudicato a due ditte salernitane unitesi in un’associazione temporanea di imprese, la Madonna costruzioni srl e la Marco Perone Costruzioni? È uno dei nodi al centro dell’inchiesta che ha portato a contestare al rappresentante del sodalizio, al direttore dei lavori e ai coimputati, a vario titolo, i reati di falso ideologico e truffa aggravata ai danni dello Stato. Il sodalizio campano aveva vinto l’appalto, sbaragliando la concorrenza di altre duecento imprese, con un considerevole ribasso sulla base fissata, pari al 31,5%. Le spese erano state perciò stimate in 420mila euro. A dirigere i lavori il Comune aveva chiamato l’ingegner Aldo D., titolare dello studio HyM di Torino e già autore del progetto preliminare per la realizzazione dell’argine.

Si trattava di un’opera di difficoltà medio-bassa dal punto di vista ingegneristico, dove però l’aggiudicataria Madonna costruzioni srl si sarebbe sfilata già poco dopo l’avvio dei lavori. A subentrare ‘di fatto’ nella direzione del cantiere e nell’esecuzione delle opere, secondo le accuse, sarebbe stata proprio la Icop - e questo nonostante l’amministrazione comunale avesse vietato all’impresa di effettuare subappalti. La scelta della subappaltante ‘occulta’, peraltro, risulterà infelice. Il 3 aprile 2014 infatti la Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria avrebbe posto fine alle attività dell’impresa con l’operazione ‘Saggezza’, culminata con il sequestro di 7 milioni di euro all’imprenditore Massimo Siciliano, ex titolare della stessa Icop nonché genero del capo della ‘locale’ di ‘ndrangheta di Antonimina, Nicola Romano. Nel processo per mafia tenutosi nel 2017 Romano è stato condannato a 14 anni e Siciliano a 10 anni e 8 mesi.

Il direttore dei lavori, sostiene il pm, avrebbe tenuto una condotta omissiva sia rispetto all’innestarsi della Icop nel cantiere sia riguardo alla verifica dei materiali forniti dal costruttore calabrese. Con il risultato che a fronte dei 4890 metri cubi di massi ciclopici previsti e pagati dall’amministrazione ne sarebbero stati installati circa 2500, riducendo la funzionalità dell’opera di almeno il 50-60%. In termini monetari, il ‘risparmio’ che sarebbe stato illecitamente realizzato si quantifica in 100mila euro. Guarda caso, si fa notare ancora nella requisitoria, lo stesso compenso pattuito tra la Madonna srl e la Icop.

“Se non fossero intervenute le indagini, - conclude il pubblico ministero Giulia Colangeli - oggi avremmo un’opera che nella migliore delle ipotesi non sarebbe servita a niente e nella peggiore, in caso di piena, avrebbe determinato conseguenze peggiori sulla popolazione, come peraltro sta diventando quasi un’abitudine in questo Paese”. Per il direttore dei lavori e il suo collaboratore dello studio HyM è stata chiesta quindi la pena di 1 anno di carcere, mentre per i coimputati la condanna proposta dall’accusa ammonta a 10 mesi.

Il Comune di Cuneo, costituitosi parte civile, ha invece quantificato i danni d’immagine subiti in 15mila euro, a fronte del rimborso già effettuato per il rifacimento dei lavori lungo lo Stura. La richiesta è motivata dall’ampio risalto che le vicende ebbero nelle cronache locali dei giornali e nelle interpellanze dei consiglieri d’opposizione Mario Di Vico e Beppe Lauria.

Le udienze finali per le arringhe della difesa sono fissate al 25 ottobre e al 12 novembre. Il 10 dicembre si terrà un’ultima udienza per le eventuali repliche e la sentenza.

Notizie interessanti:

Vedi altro