È calato il sipario nella mattina di oggi, lunedì 16 settembre, sulla vicenda giudiziaria legata alla morte di Baldassarre Ghigo. Il suicidio dell’unico imputato, Modesto Barra, avvenuto lo scorso 6 agosto nel carcere di Cuneo ha interrotto nella maniera più tragica il processo che si protraeva da un anno.
Per il presidente della Corte d’Assise l’udienza di oggi è stata una semplice formalità: il giudice Marcello Pisanu ha preso atto dell’estinzione del procedimento per morte dell’imputato e ha disposto il dissequestro di tutti i beni acquisiti nel corso delle indagini e la loro restituzione alle famiglie di Barra e Ghigo.
Il 14 novembre 2015 in località Gravera Granda, a pochi chilometri dall’abitato di Gambasca, il cadavere del pensionato fossanese Baldassarre Ghigo era stato rinvenuto tra i resti della sua auto carbonizzata. Dopo due successive archiviazioni da parte della Procura di Cuneo, il fascicolo delle indagini era stato avocato dalla Procura generale di Torino che aveva disposto il rinvio a giudizio del boscaiolo Modesto Barra, arrestato nel luglio 2018.
L’allora 66enne Barra risiedeva a Gambasca ed era coetaneo e amico personale della vittima, che gli avrebbe prestato circa 60mila euro. Secondo l’accusa, questo prestito sarebbe stato all’origine dell’omicidio: Barra avrebbe tramortito l’amico e lo avrebbe caricato in auto fino a raggiungere un luogo isolato, dove avrebbe infine dato alle fiamme il veicolo. A sostegno di questa tesi, il sostituto procuratore Sabrina Noce e l’avvocato Gianmaria Dalmasso, rappresentante della parte civile, citavano una serie di riscontri: su tutti le tracce del sangue di Ghigo rinvenute in casa dell’imputato, dove erano state trovate anche alcune taniche di benzina.
Per contro i difensori di Barra, Piermario Morra e Serena Mariano, sottolineavano l’assenza di riscontri nelle intercettazioni telefoniche e ambientali e negli impianti di videosorveglianza, oltre a contestare la ricostruzione della Procura sulla scorta dei pareri acquisiti dai consulenti. A sostegno delle tesi difensive giocava soprattutto il parere del medico legale dottor Mario Abrate, sentito come perito in una delle ultime udienze, a detta del quale si potrebbe propendere per un suicidio.
“Ho avuto molta simpatia umana per Barra, un combattente che ha sempre professato la sua innocenza” afferma ora l’avvocato Morra, ricordando come il suo assistito avesse partecipato a tutte le udienze. Barra, sottoposto da principio ad alcune misure cautelari in casa, era stato in seguito incarcerato a causa delle ripetute violazioni delle stesse: al momento del suicidio, si trovava in una cella del penitenziario di Cerialdo da cinque mesi.
Nulla, secondo il suo difensore, faceva tuttavia presagire il terribile epilogo: “Barra era un uomo che ha sempre vissuto nella libertà dei suoi monti e non ha tollerato la restrizione carceraria. Tuttavia non sembrava affatto rassegnato e anzi appariva fiducioso soprattutto dopo le audizioni dei consulenti”. Anche l’avvocato, del resto, riteneva che la difesa avesse molte possibilità di successo: “È stato un processo difficile e giusto, ben diretto dal presidente Pisanu, ma rimane un processo assolutamente indiziario. Pur nello scontro tra le diverse ipotesi, in aula c’è stato molto rispetto tra le parti”.
Oggi sarebbe toccato proprio all’imputato parlare in aula davanti a giudici e giurati. Si attendeva inoltre, dopo due rinvii nelle udienze di luglio, l’acquisizione della testimonianza di un cittadino rumeno che in sede di indagini aveva affermato di aver aiutato Barra in alcuni lavori, effettuati il giorno della morte di Ghigo.
Nulla di tutto questo sarà più possibile. Il destino dei due amici è accomunato ora dal silenzio e da molti interrogativi a cui nessuno può rispondere.