Che il colpo alla filiale Credem di Cuneo fosse opera di autentici professionisti lo si era capito fin dal primo istante, quel 15 dicembre 2016. Erano da poco passate le 13 quando un’impiegata dell’istituto bancario - nella sede ormai chiusa tra via XXVIII Aprile e via Carlo Emanuele III - si era sentita toccare alle spalle da un individuo con il volto parzialmente coperto e una pistola in pugno.
Esprimendosi a gesti, l’uomo si era fatto consegnare 7300 euro dalla sportellista e da una collega. Non era stato possibile invece accedere al caveau, protetto da un sistema di apertura temporizzata. Dopodiché un complice a volto coperto l’aveva invitato ad affrettarsi: i criminali avevano lasciato la banca con due biciclette, abbandonate in corso IV Novembre. Da lì in poi nessuno era stato in grado di ritrovarne le tracce. Successivamente emergerà che i rapinatori si erano introdotti nella sede della Credem praticando un’apertura nel vetro antiproiettile di una finestra, affacciata sul cortile. Ma solo un colpo di fortuna, ammette oggi il pm Giulia Colangeli, ha permesso agli investigatori di individuare come autore materiale della rapina S.F.S., pluripregiudicato catanese di 51 anni.
Il 20 febbraio 2017 a Collecchio, in provincia di Parma, i Carabinieri sorprendono nei pressi di una filiale Cariparma due banditi siciliani, arrestati in flagranza. Il modus operandi è identico a quello utilizzato a Cuneo: un passaggio aperto con strumenti da giardinaggio nella finestra sul retro e le biciclette pronte per la fuga, che poi proseguirà in auto. Ed è proprio l’automobile a mettere in relazione uno dei due fermati con la vicenda di due mesi prima. Si tratta infatti di una Fiat 500 che il 13 dicembre precedente - un paio di giorni prima della rapina - era stata segnalata a Fossano in due diversi controlli di polizia. Malgrado l’apposizione di una targa falsa, il numero di telaio consentirà di stabilire che l’automobile è intestata proprio a S.F.S., residente a Catania.
Alla città etnea rimandano anche due utenze telefoniche che la Questura di Cuneo trova agganciate ai ripetitori nell’area di via XXVIII Aprile il giorno del colpo. Sono due schede sim molto sospette perché risultano intestate a Roma a sconosciuti cittadini stranieri nel luglio 2016, ma restano inoperanti fino a novembre: a partire da quel momento una delle due si muove nel Nord Italia e rimane in costante collegamento con l’altra, che invece non si sposta da Catania. Nella notte tra il 14 e il 15 dicembre, quando è in corso il sopralluogo o forse sono già in atto le operazioni di scassinamento della Credem, quel numero di cellulare viene rintracciato proprio a Cuneo: sparirà nel nulla, insieme all’altra, quasi subito dopo la rapina.
Il sospettato, detenuto nel carcere di Parma, ha però un alibi: il 15 dicembre infatti risultava presente nel supermercato GM di Motta Sant’Anastasia, a pochi chilometri da casa, dove lavorava come scaffalista grazie a un programma di messa alla prova per detenuti. La responsabile del supermercato, quel giorno assente, e la sua sostituta affermano di aver visto il nome di S.F.S. sul registro delle presenze, ma non confermano di averlo effettivamente visto.
Il pluripregiudicato, che al momento stava scontando una condanna a sette anni di carcere, è del resto una vecchia conoscenza della giustizia. Anche nel capoluogo della Granda, dove da maggio 1999 a gennaio 2000, con l’aiuto di un complice, aveva rapinato per due volte la filiale Bre di via Gallo, la Mps di piazza Galimberti, la Ubi-Bre di piazza Europa e l’Intesa San Paolo di corso Giolitti: un bottino da 800 milioni di lire e un metodo collaudato, sempre identico. Lo stesso utilizzato diciassette anni dopo alla Credem.
Per il tribunale collegiale di Cuneo gli elementi raccolti sono stati sufficienti a comminare sette anni e sei mesi di carcere al siciliano, già condannato lo scorso anno per due reati analoghi in provincia di Salerno e a Sestri Levante e in attesa di giudizio per la fallita rapina a Collecchio. Rimane tuttora sconosciuta, per contro, l’identità del complice che lo aiutò a Cuneo.
“È una persona che ha iniziato a commettere reati quando era minorenne e ha visto più giudici in vita sua di quanti ne abbia visti io” aveva commentato il pm nel corso della requisitoria, rammaricandosi che avesse commesso l’ennesimo crimine proprio dopo la messa alla prova: “Dopo la scarcerazione era in prova nel supermercato con uno stipendio di 1200 euro, che gli avrebbe consentito una vita dignitosa”.