Una maxi evasione fiscale da oltre 4 milioni di euro è contestata al ragionier Adriano Bruno, originario di Borgo San Dalmazzo ma residente a Cuneo, dove è titolare di un avviato studio contabile in centro.
Si tratta di fatti ormai risalenti a più di un decennio fa, emersi a seguito degli accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza sullo Studio Sistem snc di via Mameli. Secondo le accuse, Bruno avrebbe favorito l’evasione di 1 milione e 137mila euro di imposte dovute da diversi clienti. A sua volta avrebbe poi compiuto atti fraudolenti per evitare la riscossione coattiva dei beni di sua proprietà, dopo che gli erano stati contestati mancati pagamenti per 3 milioni e 203mila euro.
Per evadere le imposte sul reddito e sull’Iva, il consulente fiscale avrebbe registrato spese in realtà mai sostenute dai suoi clienti. Alcuni di questi, afferma una ex dipendente, sollecitavano in modo esplicito simili “aggiustamenti”: “A volte ci telefonavano spudoratamente dicendo ‘parlate con il ragioniere, non vogliamo pagare così tanto per l’Iva’. Per questo le pratiche venivano riviste con Bruno, era anche l’unico modo per tutelarci”. Durante i controlli erano stati sequestrati fogli con la dicitura “visto con Adriano”, riferiti a registrazioni contabili che si ritiene essere state prodotte solo per coprire le false fatture.
La testimone sentita nell’ultima udienza era stata coinvolta nella prima fase delle indagini in qualità di socio d’opera dello Studio Sistem. Secondo la difesa, in questa veste si era occupata di diversi fascicoli dei quali Bruno non sarebbe mai stato messo a conoscenza. Una circostanza smentita con forza dalla donna: “Quando è iniziata la vicenda giudiziaria ho scoperto che mi erano state attribuite mansioni che non ho in realtà mai svolto. Facevo solo ciò era richiesto anche agli altri dipendenti e non ho mai avallato fatturazioni false né dichiarazioni infedeli”. In tutte le situazioni nelle quali era richiesto di gonfiare le spese con operazioni inesistenti, afferma, l’input veniva dal titolare: “Costi inventati, oppure ingiustificati, per abbassare il fatturato”. Altrettanto sarebbe avvenuto con le dichiarazioni personali del ragioniere, riferite agli anni dal 2008 al 2011.
La Procura ritiene fittizia anche l’intestazione di beni in capo alla società Sofi s.s., costituita da Bruno con un 10% di partecipazione sul capitale sociale, detenuto per la restante parte dalla convivente. Quest’ultima ha negato tuttavia che l’obiettivo dell’operazione fosse quello di eludere i sequestri preventivi dei beni: “Avevamo stipulato un mutuo per l’acquisto della nostra abitazione, ma dopo il sequestro la banca ha preteso l’interruzione del rapporto. Per continuare a pagare il mutuo abbiamo quindi costituito la società”.
L’imputato è stato condannato in primo grado per reati analoghi, lo scorso anno, a un anno e quattro mesi di carcere. Nel procedimento in corso ha preannunciato l’intenzione di offrire la propria versione dei fatti. La sua audizione è prevista nell’udienza fissata per il 19 maggio.