Di certo c’è solo che un’automobilista, alla ricerca di una polizza assicurativa, si è vista sottrarre 300 euro versati a una sedicente broker della Zurich. Chi fosse quella donna, non si sa. Secondo il giudice Elisabetta Meinardi non si tratta della persona finita a processo per truffa, una certa Giulia Brusciano, residente a Giugliano in provincia di Napoli.
All’imputata gli inquirenti erano risaliti dopo aver raccolto la denuncia di una giovane militare, nel luglio di tre anni fa. La soldatessa, all’epoca residente a Centallo, credeva di aver stipulato una polizza Rc auto con tutti i crismi. Sono particolarmente inquietanti le modalità di questo raggiro: alla vittima, infatti, i truffatori erano arrivati pochi minuti dopo che lei aveva consultato alcune offerte sul portale Facile.it. Una donna l’aveva contattata al telefono: “Diceva di essere a conoscenza del fatto che avessi chiesto dei preventivi online e di poter fornire ulteriori informazioni”.
Questa sedicente assicuratrice aveva presentato i preventivi di due diverse compagnie: quello della Zurich era parso subito più conveniente, anche perché l’altro - oltre a costare un’ottantina di euro in più - era riconducibile a una società che l’acquirente non aveva mai sentito nominare. Senza sospettare nulla, lei aveva versato i 300 euro richiesti sul conto indicato: in teoria le sarebbe dovuta arrivare tutta la documentazione l’indomani, in pratica, ovviamente, chi aveva ordito la truffa si era messo i soldi in tasca ed era sparito. Da una ricerca sulla persona che aveva telefonato emergeva il nome di una (vera) broker attiva in provincia di Roma, ma ignara di tutto: la professionista infatti non sapeva nemmeno che qualcuno stesse sfruttando per loschi fini il suo codice Ivass, assegnato a tutti gli operatori nel settore assicurativo. Anche la Zurich era estranea all’intera operazione: il numero di preventivo assegnato risultava inesistente e comunque dissimile da quelli forniti dalla nota compagnia.
“Nell’immagine di Whatsapp della signora c’era una macchinina rossa con la scritta Facile.it” ha ricordato la truffata, aggiungendo che il particolare aveva rafforzato la credibilità dell’interlocutrice. Sia le telefonate che il conto sui cui erano stati versati i soldi riportavano a Giugliano. A carico della Brusciano, però, c’era un solo indizio: l’intestazione del conto, effettuato con la sua carta d’identità. Tramite una memoria, letta dal suo avvocato, l’accusata ha spiegato di essere stata a sua volta vittima di un furto d’identità, da parte di un conoscente al quale aveva prestato il proprio documento in cambio di denaro.
Un tentativo di discolparsi troppo debole, secondo il pubblico ministero Alessandro Borgotallo, che ha chiesto per l’imputata la condanna a sette mesi di reclusione. Al di là della responsabilità nella truffa, resta il mistero su come qualcuno possa aver avuto accesso ai dati di ricerca sul portale Facile.it. Una domanda a cui nemmeno l’istruttoria svoltasi in tribunale ha saputo fornire una risposta.