A oltre dieci anni dal fallimento della Marchisa Gomme srl, si torna a parlare nelle aule del palazzo di giustizia di una vicenda che aveva suscitato grande scalpore per i suoi risvolti finanziari e giuridici. In aula è comparso ieri mattina, mercoledì 2 ottobre, anche G.F.M., l’ex ‘re degli pneumatici’ e titolare dell’azienda di Madonna dell’Olmo che si trova a rispondere di bancarotta fraudolenta distrattiva in concorso con un altro imprenditore, A.D., cui era intestata la ditta individuale Linea Gomme.
Il fallimento della Marchisa Gomme risale al 16 maggio 2008. La Linea Gomme ha invece operato tra il 16 luglio 2007 e il 31 dicembre 2008: in quel breve lasso di tempo, secondo gli inquirenti, avrebbe agito come ‘paravento’ dell’azienda fallita per consentire al suo titolare di distrarre forti somme. In meno di un anno e mezzo la Linea Gomme avrebbe fatturato un milione e 700mila euro per pneumatici che, sostiene il luogotenente Gennaro Folino, “non risultano essere stati acquistati da nessuno”. Nello stesso periodo, del resto, gli esborsi contabilizzati dalla società ammontavano appena a 12mila euro per il 2007 e a 4800 euro nell’anno successivo.
Il maresciallo aiutante della Guardia di Finanza Domenico Sisti ha ricostruito il flusso di pagamenti tra la Marchisa Gomme e la Linea Gomme, indagando in particolare su un conto aperto presso la Banca Popolare di Novara nell’ottobre 2007: da questo conto intestato all’azienda di A.D. risultano movimentazioni per 632mila euro, riconducibili quasi per intero alla Marchisa Gomme. Tra marzo e aprile del 2008, in particolare, A.D. avrebbe emesso 17 assegni per un totale di 210mila euro in favore di V.C., la convivente del titolare di Marchisa Gomme, e P.B., collega di lavoro di quest’ultima presso uno studio notarile. Gli assegni venivano versati su conti riconducibili alle due donne o a loro congiunti: P.B. avrebbe versato 100mila euro e effettuato prelievi in contanti per 89mila euro, mentre V.C. avrebbe versato 110mila euro in assegni e prelevato 92mila euro.
A mettere in allerta la Procura ha concorso anche il fatto che tutti gli assegni fossero stati emessi in un breve periodo prima del 30 aprile 2008, data a partire dalla quale è entrato in vigore il testo unico antiriciclaggio che ha abbassato la soglia per la segnalazione delle operazioni bancarie a rischio, portandola da 12500 a 3mila euro. Gli importi, infatti, si mantenevano tutti di poco inferiori al ‘tetto’ di 12500 euro. Altri 20 assegni per 12500 euro emessi da A.D. sarebbero stati incassati nello stesso periodo presso un istituto di credito del Principato di Monaco, la Fortis Bank. A questo riguardo, però, è stato impossibile effettuare ulteriori accertamenti perché il termine previsto dalle autorità monegasche per l’osservazione degli atti è di cinque anni. Da notare inoltre, osserva il finanziere, che sui conti di A.D. “non c’è traccia di ulteriori movimentazioni verso i suoi fornitori”.
Le due intestatarie degli assegni sono già finite a processo per riciclaggio, ma l’accusa, modificata dal gup in ricettazione, si è prescritta nel 2016. Il sostituto procuratore Pier Attilio Stea, titolare delle indagini che hanno portato all’attuale processo per bancarotta, osserva che gli importi contestati sono simili a quelli che G.F.M. sosteneva di aver pagato nel 2001 all’allora capo della sezione tributaria della Guardia di Finanza di Cuneo, il tenente colonnello G.I., per ottenere un rimborso Iva da 4,5 miliardi di lire. L’ufficiale della Finanza fu assolto nel 2012 con formula piena dall’accusa di concussione. Era stato lui, nello stesso anno, a trasmettere alla Procura il rapporto di servizio riguardante la bancarotta della Marchisa Gomme. Ora dovrà tornare in aula per testimoniare nel processo che vede imputato il suo ex accusatore, il prossimo 6 novembre. Nella stessa udienza si attendono i primi testi della difesa.