Si era difeso affermando di aver voluto “solo fare uno scherzo” quando il negoziante lo aveva fermato con un computer sottobraccio, all’uscita da un esercizio commerciale nella zona alta di corso Nizza.
Il proprietario del negozio, specializzato nella vendita e riparazione di prodotti tecnologici, non aveva però creduto a questa versione. Si è così ritrovato a processo per furto il tunisino D.S., classe 1985, pluripregiudicato e già gravato da un ordine di espulsione dal territorio italiano al quale non aveva mai dato seguito: nell’imminenza dei fatti, risalenti al febbraio 2019, era stato identificato e denunciato dalla polizia.
Per lui il pubblico ministero Anna Maria Clemente aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi di carcere, in considerazione dei numerosi precedenti specifici: “Il fatto che abbia restituito il computer e giustificato il suo comportamento come uno ‘scherzo’ non va ad inficiare quanto è accaduto. Se lo ha restituito è solo perché il legittimo proprietario lo aveva visto afferrare l’oggetto dal bancone espositivo e uscire dal suo negozio”. Questa persona, ha aggiunto il procuratore, “non ha alcun concetto né della proprietà privata né di cosa significhi fare uno scherzo”.
Il difensore, avvocato Fabrizio Fregni, ha parlato per contro di “serissimi dubbi” sull’accertamento della responsabilità: gli agenti della Questura si sarebbero limitati a chiedere al fermato di identificarsi senza eseguire rilievi dattiloscopici. In ogni caso, ha aggiunto il legale, “il computer non è mai uscito dalla sfera di vigilanza del proprietario, quindi si può parlare semmai di un tentativo di furto”.
All’esito dell’istruttoria il giudice Anna Gilli ha condannato D.S. alla pena di dieci mesi di reclusione e al pagamento di una multa pari a 250 euro.