Era stata ribattezzata operazione ‘Nero Wolf’ l’indagine del Comando Gruppo Carabinieri Forestale di Cuneo che nel 2018 aveva portato al
sequestro di sessanta cuccioli di cane, importati in Italia da un allevamento ungherese.
Secondo gli inquirenti, gli animali sarebbero stati sistematicamente sottratti alle cure parentali in tenerissima età, ovvero al di sotto delle 12 settimane previste dai regolamenti. Accadeva così che i cuccioli, già debilitati dai trasferimenti, si ammalassero o addirittura morissero una volta che venivano rivenduti agli acquirenti, ai quali si faceva credere che provenissero in realtà da un allevamento situato in una frazione di Cuneo. L’uomo che aveva di fatto in gestione l’allevamento e faceva da intermediario con i clienti finali, il 40enne C.B., è finito a processo con accuse di traffico e trasporto illecito di animali da compagnia, autoriciclaggio, frode in commercio ed esercizio abusivo della professione medico-veterinaria.
Il processo a suo carico vede come coimputato D.M., allevatore di origini goriziane da tempo residente a Pécs in Ungheria e già coinvolto in procedimenti analoghi. I militari ritengono che l’uomo fosse in contatto con “pseudo fornitori” da vari Paesi europei tra cui Grecia, Spagna e Polonia. Dall’Ungheria le bestiole venivano
nascoste nei bagagliai delle auto per affrontare lunghi ed estenuanti viaggi, privi delle documentazioni di accompagnamento e dei trattamenti sanitari e vaccinali. Una volta giunti a Cuneo, C.B. si sarebbe incaricato di “italianizzarli” fornendo falsi libretti sanitari e inoculando microchip identificativi alterati con la compiacenza di S.B., veterinaria di Busca, che avrebbe fornito la documentazione e gli accrediti necessari (quest’ultima ha già definito la sua posizione con un patteggiamento).
Nell’udienza odierna è stata chiamata a testimoniare una dipendente della veterinaria, già sentita in fase di indagini. La donna ha confermato di aver visto C.B. recarsi più volte nell’ambulatorio buschese e prendere con sé i microchip che venivano pagati in contanti: una procedura del tutto anomala rispetto a quella seguita per i normali clienti che si presentavano in studio con l’animale. L’allevatore avrebbe anche fornito alla dottoressa una serie di schede anagrafiche: nella perquisizione a carico di S.B. ne erano emerse 187, già compilate e corrispondenti ad altrettanti cuccioli che si ritiene essere stati importati in modo illecito.
All’anagrafe canina i cuccioli venivano registrati come nati presso le abitazioni dei loro acquirenti: in nessuna delle schede identificative si menzionava l’allevamento gestito da C.B. e intestato al suocero. Presso l’abitazione dell’imputato, dipendente della Michelin di Cuneo, erano state poi rinvenute attrezzature veterinarie (siringhe, medicinali e microchip) e un passaporto canino ungherese risultato falso. Gli esami genetici condotti dai Forestali avrebbero inoltre permesso di accertare che quasi nessuno dei cuccioli sequestrati aveva rapporti di familiarità con i cani adulti presenti.
Una sessantina di cuccioli, sequestrati prima di essere commercializzati, erano stati affidati dall’autorità giudiziaria alla Lida che si è occupata di portare a termine le adozioni. La stessa Lida si è costituita parte civile nel processo contro C.B. e D.M. insieme ad altre due associazioni animaliste, Nogez e Anpana.
Il processo contro i due allevatori è stato rinviato al 17 giugno per ascoltare altri testi.