Gli contestavano un’esposizione bancaria per centinaia di migliaia di euro e il fallimento della società Phoenix di Cuneo di cui erano responsabili. Per questo l’amministratore ‘di fatto’ V.Z. e il contabile fossanese P.C. sono stati condannati rispettivamente a quattro anni e quattro mesi e a un anno e sei mesi.
Per il contabile è caduta l’accusa più grave, quella di usura, formulata dal pubblico ministero Pier Attilio Stea poiché si ipotizzava che il professionista avesse prestato denaro a interessi illeciti a chi si occupava dell’impresa: in relazione a questo V.Z. si era costituito parte civile nel processo contro il suo coimputato. Già in un precedente procedimento, P.C. era stato indagato per lo stesso reato dalla Procura di Alba che aveva poi archiviato il fascicolo.
Gli episodi risalgono a una decina di anni fa. Tra gli addebiti della pubblica accusa anche falsità nei bilanci e mancati pagamenti dell’IVA: nel 2009, in particolare, la società sarebbe risultata evasore totale per la Guardia di Finanza. Non ha trovato riscontro l’imputazione di truffa nei confronti delle banche, scaturita dall’ipotesi che fossero stati negoziati due mutui presentando false dichiarazioni dei redditi.
Gli amministratori di diritto della società fallita sono già stati processati con riti alternativi.