Se non una vera e propria associazione a delinquere, di certo quella instauratasi tra il rumeno R.H., il marocchino A.G.E. e altri malviventi del capoluogo era una peculiare ‘triangolazione’, un sistema poliedrico messo in piedi per ripulire negozi e studi di professionisti e rivendere la merce rubata.
I ricettatori si erano specializzati nei beni tecnologici, computer, tablet e telefoni cellulari, che tenevano ‘in deposito’ nell’abitazione di un altro maghrebino, M.E. detto ‘Momo’. “C’era una pluralità di individui che facevano riferimento ad A.G.E. e vivevano di malaffare e furti. - ha sostenuto nella requisitoria il pm Alessandro Borgotallo - In questo ambiente va collocato in maniera icastica, perché è un soggetto che si dà particolarmente da fare, anche R.H.”.
Al cittadino rumeno erano stati ricondotti, nell’aprile 2016, un portatile di marca Samsung e un cellulare Nokia rubati nel negozio di elettronica Co.Pe e ritrovati in un locale occupato - peraltro in maniera abusiva - dall’amico Momo. Oltre ai beni riconosciuti dal titolare del negozio, altri oggetti erano stati individuati come provento di ricettazione anche in base alle dichiarazioni del padrone di casa.
Beni che non avevano una confezione o una pezza giustificativa di acquisto, e tutti molto particolari: un computer senza batteria, un altro senza caricatore, un altro ancora senza scatola. Ricordando nell’aula del palazzo di giustizia a lui intitolata il giudice Fabrizio Caccioppoli, venuto a mancare nel 2016, il pm ha affermato: “Il compianto dottor Caccioppoli ci raccontava degli arresti, eseguiti agli esordi della sua carriera a Roma, di persone trovate in possesso di autoradio con i fili tagliati. Anche in questo caso siamo in presenza di elementi di pesantissimo sospetto”.
Lo stesso R.H., del resto, all’indomani dell’arresto aveva reso spontanee dichiarazioni in Questura illustrando il funzionamento del ‘sistema’ di cui faceva parte. Solo in seguito aveva scelto di non riferire altro e avvalersi della facoltà di non rispondere.
La difesa del rumeno, pur senza negare la partecipazione dell’uomo ad alcuni furti, ha sottolineato per contro come l’unico elemento certo per attribuirgli la ricettazione degli articoli rubati fosse la testimonianza di Momo, in casa del quale era stata ritrovata la refurtiva. Oggi il maghrebino si è reso irreperibile, così come del resto lo stesso R.H. che il giudice Marco Toscano ha condannato a due anni e tre mesi.
Il complice A.G.E., già detenuto per altri reati, è stato a sua volta condannato per furto in giudizio abbreviato a un anno e quattro mesi.