Era stato fermato durante uno dei periodici controlli delle forze dell’ordine nella zona del Movicentro di Cuneo. I poliziotti in divisa lo avevano intercettato insieme ad altri immigrati africani e uno degli agenti aveva notato qualche movimento sospetto: cercava di nascondere una busta nella calzamaglia che indossava sotto ai pantaloni. All’interno c’erano diciannove involucri avvolti nel cellophane di una sostanza che gli esami di laboratorio avrebbero confermato essere marijuana.
Il cittadino maliano B.K., classe 1994, si è trovato così a rispondere di detenzione e spaccio di stupefacenti. I fatti risalenti al primo pomeriggio del 9 gennaio 2019 sono stati ricostruiti in aula dall’assistente capo coordinatore Gian Paolo Leone del Reparto Prevenzione Crimini di Torino, quel giorno in supporto ai colleghi di Cuneo: il 25enne, in Italia dal 2015 come richiedente asilo, era stato sottoposto a una successiva perquisizione in Questura dove era stato rinvenuto un altro involucro contenente sostanze stupefacenti nella sua scarpa sinistra. Presso la Caritas, dove il ragazzo alloggiava, non era stato trovato invece alcun elemento utile alle indagini.
Per il pubblico ministero Raffaele Delpui si tratta di “un caso di scuola” sotto il profilo criminale: all’interno degli involucri c’erano circa 79 dosi già frazionate e pronte ad essere vendute. Trattandosi di una persona che poteva contare su vitto e alloggio garantiti è evidente, per l’accusa, che la scelta di recarsi al Movicentro con la droga dipendesse dalla precisa volontà di spacciarla: “Una zona al centro del dibattito politico sul degrado in città, ideale visto il passaggio di studenti e viaggiatori in arrivo dalla stazione”. Chiedendo la condanna dell’imputato a 19 mesi, il rappresentante della Procura ha insistito affinché il giudice non concedesse la sospensione condizionale: “Parliamo di un incensurato, ma solo perché presente da poco tempo in territorio italiano. Il permesso da richiedente asilo viene concesso con una semplice domanda e l’istruttoria può richiedere anni ed essere impugnata”.
Per la difesa, rappresentata dall’avvocato Elena Pietropaoli, non è provata invece la responsabilità di B.K.: “La Polizia non ha documentato nessuna cessione di stupefacenti e presso il suo domicilio alla Caritas non sono stati rinvenuti né bilancini, né altri strumenti utilizzati per lo spaccio o grandi somme di denaro”. Quanto alla circostanza che indossasse una calzamaglia sotto gli abiti, secondo gli inquirenti al preciso scopo di occultarvi la droga, l’avvocato ha obiettato: “È notorio che molte persone provenienti dall’Africa d’inverno si coprono indossando calzamaglie perché tollerano meno le temperature fredde”.
Il giudice Sandro Cavallo ha infine condannato il maliano a un anno di reclusione senza il beneficio della sospensione condizionale e 2mila euro di multa.