CUNEO - Diciassette anni di carcere per i due assassini di Andrea Costa

Il cuneese fu ucciso alle Canarie nel 2021, dopo una lite su un conto non pagato. Il giudice ha riconosciuto la premeditazione: condannata anche una complice

Redazione 15/04/2025 10:20

Non un omicidio colposo, come sostenevano l’accusa e la difesa, ma un delitto premeditato. Per l’assassinio di Andrea Costa, 42enne di Cuneo, il tribunale provinciale di Las Palmas in Spagna ha condannato a diciassette anni di carcere i due autori materiali, David José Roger Pérez detto “El Adoptado” e Juan Felipe A.V.: insieme a loro una complice, Estefanía Pino Alemán Vega è stata condannata a sette anni, sei mesi e un giorno.
 
Il 13 settembre del 2021 il corpo della vittima era stato ritrovato carbonizzato all’interno di un’auto data alle fiamme, nella località di Pozo Izquierdo sull’isola di Gran Canaria. Qui, dall’anno precedente, l’ex operaio della Michelin viveva insieme alla compagna: partito da Confreria, aveva tentato di cambiare vita aprendo un cannabis club. Le cose però non erano andate come i due speravano: nel giro di pochi mesi, scaduto il contratto di affitto, aveva dovuto chiudere il locale situato a Carrizal. Lei, di professione infermiera, era tornata a Cuneo dal figlio, lui era rimasto sull’isola per cercare un lavoro nella ristorazione.
 
Risale a quel periodo la frequentazione con “El Adoptado”, un pregiudicato noto alle forze di polizia dell’isola per la sua indole violenta. All’origine del delitto c’è un’assurda lite per un conto non pagato al ristorante. Costa e Roger Pérez, coinquilini, si trovavano un sabato sera in un ristorante giapponese a Playa del Inglés, insieme ad altri quattro amici. Al momento del conto la comitiva, dopo aver tenuto un atteggiamento sopra le righe per tutta la cena, si era dileguata senza pagare ad eccezione di Costa. L’italiano, infastidito dall’accaduto, era rimasto all’interno del locale. I proprietari avevano dunque avvertito la Policìa Nacional, che aveva identificato Costa. L’uomo si sarebbe giustificato dicendo che in quel momento non aveva soldi con sé e che quel che era successo non era sua responsabilità, poiché era stato invitato a cena da altri.
 
Notando che l’amico stava parlando con i poliziotti, “El Adoptado” avrebbe pensato che Costa stesse riferendo qualcosa sulle sue attività illegali. Ne era scaturita, al rientro nell’abitazione, un’animata discussione al termine della quale il 42enne era stato assassinato. L’autopsia ha stabilito che la morte è stata determinata da un’asfissia meccanica, oltre a varie fratture e traumi. I due aggressori, dopo aver insultato Costa e averlo preso a calci e pugni, lo avevano trascinato in una stanza sul retro, continuando a picchiarlo “con l’intenzione di ucciderlo”, secondo quanto stabilito in sentenza. A quel punto, avevano chiesto alla Pino di fornirgli un lenzuolo, che la donna aveva strappato in più pezzi. Con questi brandelli i due uomini avevano legato i piedi e le mani della vittima, mentre con un altro pezzo di lenzuolo gli stringevano il collo fino a farlo morire.
 
Il giudice Arcadio Díaz Tejera non ha ritenuto il pentimento espresso dagli imputati meritevole di apprezzamento: neanche l’attenuante della confessione è stata riconosciuta, perché espressa “quasi quattro anni dopo, nel mezzo di un’udienza”. La sentenza stabilisce, a titolo di responsabilità civile, il pagamento di 180mila euro di risarcimento ai familiari della vittima, in solido fra i tre condannati.

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