Il risarcimento dell’assicurazione l’hanno ottenuto, ma ora dovranno pagare a loro volta. Subito una provvisionale di cinquemila euro, poi un eventuale danno che verrà deciso in sede civile. Lo ha stabilito il giudice Elisabetta Meinardi, condannando per calunnia F.M. e la moglie F.G.: per l’uomo c’è una pena detentiva di due anni, per la donna di un anno e sei mesi. In entrambi i casi la sospensione condizionale è stata subordinata al pagamento di quanto dovuto alla persona offesa.
Lei, una 25enne residente a Robilante, ha raccontato quanto accaduto nel marzo 2020 a Limone Piemonte, dove voleva passare una giornata spensierata sugli sci in compagnia del fidanzato. In prossimità della seggiovia, al fondo della pista Pancani, la ragazza era stata investita da un altro sciatore: “Ho battuto la testa e non ho capito cosa sia successo, per fortuna avevo il casco”. L’uomo aveva riportato lesioni di una certa gravità, tanto da dover essere caricato sul toboga. La sua compagna, intanto, “urlava rivolgendosi a tutti e mi additava”, ha ricordato la giovane. Sembrava che la disavventura fosse finita così, ma pochi mesi dopo le era arrivata la notifica della denuncia e la richiesta di risarcimento da parte di uno studio legale di Imperia, la città in cui vivono lo sciatore infortunato e la moglie.
Dopo mesi di preoccupazioni e carte bollate, la sgradevole faccenda si era chiusa con un’archiviazione. La Procura però riteneva che quella querela fosse stata presentata in malafede, perciò si è deciso di procedere per calunnia nei confronti di F.M. e F.G.: “Non facciamo un processo sulla dinamica dell’incidente” ha precisato in sede di discussione il pubblico ministero Gianluigi Datta, chiedendo la condanna di entrambi gli imputati a un anno e quattro mesi di reclusione. Alle conclusioni si è associata l’avvocato Dora Bissoni, per la parte civile: “Era sufficiente una richiesta di risarcimento del danno in ambito civilistico e sarebbe stato risarcito, come in effetti è avvenuto. Perché depositare una querela, se non per ottenere prima il rimborso? Poteva esserci un concorso di colpa, ma l’imputato ha fornito una versione falsa per avere una totale ragione”.
“La querela non vale ad addossare la piena responsabilità in capo alla parte civile, ma semmai ad attenuare la propria” ha replicato l’avvocato Marco Mana, difensore della coppia imperiese: l’uomo, ha aggiunto, “aveva comunque subito le conseguenze fisiche del fatto e aveva quindi la percezione di aver ricevuto un danno: in querela lui stesso afferma di non ricordare l’esatta dinamica”. Per la difesa quindi “non è realistico ipotizzare che avesse l’assoluta certezza dell’innocenza dell’altra sciatrice, posto che non era in condizione di stabilire responsabilità. A maggior ragione, per quanto riguarda la posizione della coimputata, va rilevato come si sia limitata a ricostruire il racconto della vicenda fattole dal suo compagno”.