CUNEO - Fatture false, due anni e otto mesi all’ex “re degli pneumatici”

La Procura contestava a Gian Franco Marchisa un giro di fatturazioni con una serie di società “cartiere” dal Napoletano e dalla Spagna

Andrea Cascioli 21/12/2023 17:30

Dopo l’assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta è tornato a processo il 76enne ex “re degli pneumatici” Gian Franco Marchisa, titolare dell’omonima azienda a Madonna dell’Olmo fino al crac del 2008. L’accusa questa volta era di fatturazioni false e riguardava la sua successiva attività come agente di commercio della Vegom Service.
 
Questa storica società, attiva fin dal 1964 a Cuneo, aveva in sostanza rilevato il giro d’affari di Marchisa dopo il fallimento. Sarebbe a sua volta fallita lasciando, secondo la Procura, oltre 7 milioni di euro di fatture false e un’evasione di imposta quantificata in oltre 3 milioni di euro: il procedimento contro l’ex titolare Dario Lovera è tuttora in corso. Quello nei confronti di Marchisa si è concluso invece con una condanna a due anni e otto mesi, emessa dal giudice Giovanni Mocci al termine di una lunga istruttoria. La pena equivale a quella che il sostituto procuratore Mario Pesucci aveva richiesto nella sua requisitoria. Due i filoni d’inchiesta: uno riportava a una serie di aziende con sede nel Napoletano, l’altro a una triangolazione verso la Spagna. “Società che operavano in tutt’altro settore e non avevano una struttura tale da occuparsi della vendita di pneumatici” sostiene il pm, sulla scorta di quanto rilevato dai finanzieri.
 
Le indagini avevano portato alla scoperta di autentiche “cartiere”, come in gergo si definiscono le aziende create soltanto per giustificare fatture inesistenti e intestate, in genere, a semplici prestanome. Una di queste risultava fare capo a una persona con seri problemi mentali, un’altra aveva la propria sede operativa in un appartamento di cinquanta metri quadrati a San Giovanni a Teduccio, dove il titolare viveva con la madre. Da un’azienda attiva in realtà nel settore costruzioni Marchisa aveva incassato 117mila euro, in varie tranches. Nell’altro filone era invece la Vegom, secondo l’ipotesi accusatoria, a fare da tramite in un giro di vendite fittizie tra la Spagna, la Francia e la Slovenia finalizzato all’evasione dell’Iva. “A fronte della formale qualifica di Marchisa come mero dipendente, - ha osservato il pubblico ministero - c’è una movimentazione e una gestione di denaro per volumi consistenti relativa in particolare al primo filone, i rapporti con i campani. Siamo ai limiti della configurabilità di un’amministrazione di fatto”.
 
Opposta la visione della difesa, rappresentata dagli avvocati Chiaffredo Peirone e Massimiliano Pani, su questo punto: pur non negando la sussistenza di illeciti fiscali, i legali hanno sostenuto che Marchisa non avesse in realtà autonomia. “Ha incassato assegni provenienti da terzi, ma si tratta di assegni con un importo esattamente coincidente al suo reale corrispettivo con la Vegom”: non di fatture false si sarebbe trattato, secondo la difesa, bensì di pagamenti in nero a un dipendente. L’avvocato Peirone ha menzionato anche il procedimento, nato da una denuncia di Marchisa, nell’ambito del quale il colonnello della Guardia di Finanza Gerardo Imbimbo venne processato e assolto: si parlava di una presunta richiesta di denaro in cambio di favori nelle verifiche fiscali. “La genesi di questo processo desta qualche perplessità” ha osservato il difensore: “Le indagini riguardano pressoché solo Marchisa e soltanto di rimbalzo la Vegom, tant’è che non ci sono procedimenti a carico degli amministratori delle aziende napoletane”.

Notizie interessanti:

Vedi altro