Era una vera e propria “catena di montaggio”, secondo gli inquirenti, quella messa a punto da alcuni dipendenti del Mercatò Big di Cuneo e dai loro presunti complici per far sparire ingenti quantitativi di merce dai magazzini dell’ipermercato. Ad accorgersene sono stati i carabinieri del Nucleo Investigativo, imbeccati, sembra, dagli addetti alla sicurezza che avevano subodorato qualcosa di strano.
Le telecamere, installate sul piazzale del centro commerciale, hanno consentito di ricostruire una serie di passaggi di merce ritenuti sospetti. Gli episodi documentati, quattordici in tutto tra la fine di aprile e la metà di giugno del 2019, coinvolgono sei persone. R.S. (classe 1967, residente a Cervasca), A.M. (classe 1970, residente a Caraglio), G.D. (classe 1968, residente a Chiusa Pesio) e O.L. (classe 1964, residente a Centallo) erano tutti dipendenti assegnati al magazzino food del Mercatò all’epoca dei fatti, mentre A.A. (classe 1978, residente a Centallo) era addetto all’area elettrodomestici. Insieme a loro sono finiti nel mirino della Procura un altro dipendente del supermercato, ormai deceduto, e il coimputato V.P. (classe 1962, residente a Cuneo): quest’ultimo è un carabiniere in pensione ed è la persona che più spesso è stata filmata nell’atto di recuperare gli scatoloni che i presunti complici lasciavano all’esterno, nei pressi della raccolta rifiuti.
Nella “lista della spesa” dei sei indagati - quattro quelli comparsi come imputati in dibattimento, altri due hanno scelto riti alternativi - c’erano alimentari di tutti i generi: cassette di frutta e verdura, bottiglie di Coca Cola e di birra Steamworks o Tennent’s, penne Barilla, ma anche tre piante in vaso. “Merce perfettamente integra e in buono stato” sostiene l’accusa, che veniva però collocata nell’area del magazzino destinata ai prodotti danneggiati, scaricata con un lettore ottico dal sistema di gestione aziendale e poi lasciata all’esterno, dove sarebbe stata recuperata sulle auto private degli indagati. Grazie alle riprese, i carabinieri hanno potuto osservare uno di loro nell’atto di danneggiare di proposito le confezioni e poi trasportarle sul piazzale con un carrello elevatore.
In un’occasione, i militari erano riusciti anche a prelevare alcuni prodotti lasciati in terra da V.P., forse per disattenzione: “Si è potuto constatare - ha spiegato uno degli investigatori - che solo l’involucro era danneggiato. La merce era in corso di validità e poteva essere commercializzata”. Anche un’altra volta una piccola quantità di merce, “sfuggita” a chi organizzava i trasporti, era stata recuperata e fotografata: “Vi era appuntata la lettera S che contraddistingueva i prodotti scaduti. Gli accertamenti però hanno dimostrato che erano ancora validi: la merce è stata quindi riconsegnata al punto vendita”. In ogni occasione, ha aggiunto il testimone, è stato appurato che la merce prelevata non era destinata a donazioni.
Un punto importante, anche perché nel corso delle indagini sono state prodotte due lettere a firma di don Pietro Giobergia, parroco di Roata Chiusani e San Biagio e preside di scuola materna. Il sacerdote ha disconosciuto entrambe le missive, indirizzate al Bigstore prima per sollecitare una donazione all’asilo e poi per ringraziare di aver dato seguito alla richiesta: “Ne sono venuto a conoscenza solo quando i carabinieri mi hanno interpellato” ha chiarito don Giobergia. Il file originale era sul computer di proprietà di un ottantenne centallese, a carico del quale è stata disposta una perquisizione domiciliare: l’anziano non risulta coinvolto nell’inchiesta, ma verrà sentito come testimone.
La prossima udienza del processo è fissata per il 27 novembre.