Nasce da una discussione un po’ sopra le righe sull’annullamento della festa di San Bernardo a Roata Chiusani il processo contro due giostrai, accusati di minaccia a un pubblico ufficiale.
L’autore della querela è infatti il sindaco di Centallo Pino Chiavassa, ritrovatosi a fronteggiare la protesta dei gestori dei “baracconi” dopo l’ordinanza con cui aveva imposto lo stop ai preparativi per l’evento. La prima edizione della festa in periodo di pandemia da Covid-19 si sarebbe dovuta tenere, in forma ridotta, dal 21 al 25 agosto 2020. A questo scopo, già un mese prima l’amministrazione comunale e l’Asd Roata Chiusani avevano convenuto che la manifestazione avrebbe potuto svolgersi a patto che in paese non si verificassero altri casi di coronavirus. In agosto, però, il quadro sanitario si era aggravato ed era subentrato a livello nazionale l’obbligo di indossare mascherine anche all’aperto e il divieto di svolgere balli.
In considerazione di tutto questo, il giorno 18 il sindaco aveva emanato un’ordinanza di sospensione “allo scopo di tutelare la salute e l’incolumità delle persone e prevenire potenziali assembramenti difficilmente gestibili”, dopo aver rilevato “la carenza di organico delle forze di polizia, non sufficiente per garantire un adeguato controllo all’esterno della manifestazione”. Una decisione contestatissima dai giostrai che proprio quel giorno avevano incominciato ad allestire in piazza Caduti.
La protesta si era spostata di fronte all’abitazione privata del sindaco Chiavassa, dove sarebbe poi avvenuta l’accesa discussione tra il primo cittadino e due giostrai, P.F. e P.M., entrambi denunciati. P.F. ha chiesto e ottenuto la messa alla prova, impegnandosi inoltre a versare 400 euro al Comune di Centallo e chiudendo così la vicenda. Il collega P.M. ha scelto invece di andare a dibattimento per chiarire la sua posizione. Oggi di fronte al giudice ha deposto suo figlio, anch’egli presente quel giorno ai fatti. La scelta di recarsi sotto casa del sindaco anziché negli uffici del municipio, ha spiegato, sarebbe stata motivata dal diniego opposto alla richiesta di un incontro: “Tramite il vicecomandante della Polizia Municipale il sindaco ci aveva fatto sapere che non avrebbe accettato di incontrarci. Era stato il vigile a informarci in via non ufficiale della decisione di fermare il luna park, quella stessa mattina, quando noi stavamo già allestendo”.
I giostrai avevano posizionato uno dei camion di fronte all’accesso all’abitazione, ma in maniera tale - secondo il testimone di difesa - da non ostruire il passaggio. All’arrivo di Chiavassa, accompagnato da due addetti del Comune e dal vicecomandante dei vigili, sarebbero volate parole grosse: “Il sindaco si rivolse a me in malo modo e poi canzonò P.F. per una sua disabilità: a quel punto lui perse il controllo e proferì una frase di minaccia nei suoi confronti. Mio padre, invece, non lo ha mai minacciato”. A detta del teste, gli animatori del luna park non pretendevano l’annullamento dell’ordinanza, ma avrebbero voluto conoscerne le motivazioni: “Tanti altri comuni ci hanno imposto il divieto in quell’anno. Non eravamo arrabbiati, solo delusi: sarebbe bastato dire prima che non avevano intenzione di concedere l’autorizzazione”. L’avvocato di P.M. ha prodotto al giudice un’intervista dello stesso mese di agosto nella quale il sindaco affermava che “Centallo non ha attualmente nuovi casi Covid, ma la situazione complessiva è peggiorata”.
Contro la cancellazione della festa patronale è stato promosso anche un ricorso al Tar, rigettato il mese scorso dai giudici per manifesta infondatezza. Per il tribunale “il Comune ha provveduto legittimamente, nel rispetto delle valutazioni prudenziali originariamente compiute con gli organizzatori della festa patronale e con gli stessi ricorrenti, in considerazione dell’elevato numero di partecipanti previsti (migliaia), dell’età media elevata della popolazione di Centallo e dell’esiguità del personale di Polizia municipale disponibile per l’assistenza e vigilanza (sole tre unità)”.