Gli agenti di Polizia Penitenziaria descrivono come una vera guerriglia ciò che è andato in scena per due giorni nel carcere di Cerialdo. Un conflitto tra bande che ha visto gruppi di detenuti albanesi, marocchini e sudamericani opporsi senza alcuna remora e dandosi botte da orbi.
Gli scontri sono stati sedati nella tarda serata di giovedì scorso, 14 ottobre, solo grazie all’intervento degli agenti, compresi quelli liberi dal servizio che sono stati richiamati a fronteggiare l’emergenza in istituto. L’Osapp, il sindacato di Polizia Penitenziaria che ha dato notizia dei fatti, loda nella circostanza l’“ottimo coordinamento” del comandante di recente nominato. Nella serata, riferiscono i rappresentanti sindacali, i detenuti si erano affrontati con lamette da barba, bombole di gas in uso ai fornelli in dotazione nelle celle e manici di scope. Gli agenti hanno trovato tracce di sangue ovunque: “Persino era stato gettato olio in terra per ritardare gli interventi del personale, sfondate alcune celle con le brande”.
Un assistente capo di Polizia ha evitato per poco di essere colpito in viso con una lametta e lo stesso detenuto ha cercato di aggredirlo con pugni e calci. Sfregiato in viso un detenuto sudamericano. Il personale ha faticato fino a tarda notte per ristabilire l’ordine e la sicurezza interna e il comandante del reparto ha condotto una estenuante trattativa, ben supportato dal personale di Polizia Penitenziaria intervenuto, per far desistere i detenuti dall’ulteriore prosieguo delle violenze: “Molte celle del carcere - lamenta l’Osapp - hanno subito ad opera dei più delinquenti un vero e proprio smantellamento”.
Così commenta il segretario generale Leo Beneduci: “Lo scontro tra i detenuti di Cuneo svoltosi tra avanti ieri ha causato danni che assommano a svariate migliaia di euro causati da tali scontri di cui sarà purtroppo solo la collettività a farsi carico, dimostra fuor di dubbio quanto sia precaria la tenuta del sistema penitenziario nazionale e quanto sia indispensabile provvedere ad una sostanziale inversione di tendenza rispetto ad una politica nazionale improntata solo sul concessivismo e sulla impunità dei reclusi malgrado innegabili violenze e danneggiamenti. Il plauso per un sistema che nonostante tutto regge a tutela della collettività malgrado il palese disinteresse della politica del ministro Cartabia e dei vertici dell’amministrazione penitenziaria in tutt’altre faccende affaccendati, va ancora una volta alle donne e agli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria che in assoluta povertà e in carenza di mezzi e di organico riescono comunque a far fronte a consimili emergenze”.