C’erano il corpo del reato (pochi grammi di marijuana), la deposizione di un testimone oculare e i verbali dei carabinieri sul sequestro. Ma non è bastato a far condannare H.S., un immigrato della Guinea denunciato per spaccio a maggio 2020.
L’uomo, regolare in Italia e residente a Cuneo, era stato fermato per un controllo mentre si trovava seduto su una panchina di corso Giolitti in compagnia di un pluripregiudicato italiano. A segnalarlo ai carabinieri un cittadino che quella mattina si trovava a passare sul corso, nel tratto più vicino alla stazione, per motivi di lavoro. In tribunale quest’ultimo ha raccontato: “Mi sono girato verso la panchina e ho visto tre persone. Un uomo di colore ben vestito teneva in mano una borraccia, insieme a lui c’erano un altro uomo e un ragazzino. Ho visto il ragazzino prendere qualcosa dalla borraccia e allontanarsi in fretta, allora ho pensato di avvisare i carabinieri”.
I militari, inviati dalla centrale pochi minuti dopo, avevano subito riconosciuto i due soggetti grazie all’accurata descrizione offerta dal passante che li aveva allertati. Nessuno dei due aveva droga addosso, ma nella borraccia della bicicletta di H.S. era stata rinvenuta una busta con quattro involucri di marijuana dal peso di 4,5 grammi complessivi. Dalla successiva perquisizione domiciliare a carico dell’africano, incensurato e con un lavoro regolare, non era emerso alcunché.
Per l’imputato il pubblico ministero Luigi Dentis aveva chiesto la condanna a otto mesi e mille euro di multa, ritenendo non credibile la versione da lui offerta in interrogatorio: “Si è giustificato affermando di essere lui il compratore e di aver nascosto nella borraccia la marijuana che aveva ricevuto dal ragazzino. Ma il testimone ha detto di aver visto quest’ultimo prendere un involucro dalla borraccia di H.S. e allontanarsi, non il contrario”. L’avvocato difensore Elena Pietropaoli ha invece sostenuto la ricostruzione dell’assistito che aveva ammesso di essere un consumatore abituale di droghe leggere.
Il giudice Giovanni Mocci ha dichiarato il non doversi procedere per particolare tenuità del fatto, applicando così la causa di non punibilità introdotta con il decreto legislativo 28 del 2015 a fronte dell’esiguo quantitativo di sostanze sequestrato.