Il boss mafioso palermitano Ignazio Pullarà, 78 anni, è uscito dal carcere del Cerialdo grazie a un permesso premio di quindici giorni, concesso dal giudice di sorveglianza di Cuneo. Tornato in Sicilia il 22 ottobre, farà rientro nel penitenziario cuneese il 6 novembre. A renderlo noto è l’edizione palermitana di Repubblica. La notizia nel capoluogo siciliano sta facendo discutere: “In questi giorni Palermo sembra ormai diventata il villaggio vacanze dei boss ergastolani”, scrive il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo. Il riferimento è agli altri permessi premio concessi nelle ultime settimane ad altri due boss della mafia, Paolo Alfano e Raffaele Galatolo. Un quarto, Giovanni Formoso, è invece in semilibertà ed era stato condannato per la strage di via Palestro a Milano.
Pullarà, esponente di spicco di Cosa Nostra e considerato uno dei “fedelissimi” di Totò Riina, è noto per il suo ruolo di reggente della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù. Originario di San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, è in carcere dal 1990 ed è stato condannato all’ergastolo nel 2019 per omicidio. Nello stesso anno, le autorità gli hanno confiscato beni per un valore di 1,6 milioni di euro, provando la sua influenza nel mondo mafioso anche durante la detenzione. Le indagini hanno evidenziato infatti che Pullarà manteneva contatti con affiliati e gestiva attività economiche attraverso prestanome.
Sulla concessione del permesso premio è intervenuta anche la senatrice Enza Rando, responsabile Legalità e contrasto alle mafie della segreteria nazionale del Partito Democratico: “La preoccupazione per le continue scarcerazioni dei boss mafiosi è sempre più alta: dopo Paolo Alfano di Brancaccio e Raffaele Galatolo dell’Acquasanta, un altro ergastolano di Palermo è stato rimesso in libertà, Ignazio Pullarà del mandamento di Santa Maria di Gesù. Un concatenarsi di cause – tra allungamento dei tempi processuali e permessi premio – sta producendo il susseguirsi di scarcerazioni inaccettabili. In un’interrogazione al Ministro Nordio chiediamo conto delle ragioni che stanno producendo questa situazione e quali interventi sono previsti per rafforzare gli uffici giudiziari, in modo particolare quelli del sud Italia. Bisogna ascoltare il grido d’allarme delle associazioni dei famigliari delle vittime di mafia e mettere un freno alle scarcerazioni con estrema urgenza, rischiano di avere una grave ricaduta sui territori per la ripresa dell’attività criminale”.