Si è chiusa con una condanna a quattro mesi di carcere per tre diverse imputazioni il processo a carico di una ragazza, oggi 29enne, denunciata due anni fa da una rivale in amore dell’epoca.
A.C., classe 1993, residente a Busca, si è trovata accusata di sostituzione di persona, percosse e minaccia nei confronti di una compaesana - all’epoca 19enne. La prima e più grave delle tre imputazioni aveva a che fare con la creazione di un profilo Instagram fasullo, a nome della “nemica”. Chi aveva creato il falso aveva aggiunto amici e parenti della ragazza, millantando di essere davvero la persona a cui erano riconducibili nome e foto sul profilo. Nella denuncia alla Polizia Postale di Cuneo, la vittima dello “scambio di identità” aveva formulato espliciti sospetti su chi potesse aver ordito l’inganno: “Avevo avuto una relazione con il suo fidanzato, senza sapere che all’epoca stesse ancora con lei. È stata per entrambe una storia molto travagliata e tutte e due abbiamo subito violenze da quest’uomo”. Alla rivalità sentimentale è ricollegabile la violenza che la giovane afferma di aver subito: “Era successo ad agosto, io e lui tornavamo dal mare. A.C. ha chiesto con insistenza di incontrarci a Busca, sotto casa sua. Loro due hanno iniziato a parlarsi, poi a un tratto lei si è allungata verso di me e mi ha tirato uno schiaffo: ci siamo accapigliate”. Sempre tramite Instagram, invece, sarebbero arrivate le minacce: frasi come “ti cavo fuori gli occhi” o “ti spacco la testa un’altra volta”, condite dall’ammonimento “lui è mio”.
La Polizia Postale ha appurato che l’indirizzo IP dal quale era stato creato il profilo Instagram rimandava all’utenza telefonica fissa intestata alla madre di A.C., con la quale lei conviveva all’epoca. Per il pubblico ministero Gianluigi Datta, è la prova che invalida anche la versione dell’imputata, per la quale era stata chiesta la pena di sei mesi di reclusione. L’avvocato Enrico Gallo ha contestato tutti gli addebiti, a cominciare da quelli relativi al falso profilo social: “L’utenza telefonica era quella di casa, dove era ospite anche il fidanzato di A.C. che vi rimase fino a quando lei stessa lo denunciò per maltrattamenti e percosse. È possibile che lui, portando avanti una relazione con entrambe, avesse creato quel profilo per infastidire la persona offesa. L’imputata del resto non aveva motivo per vendicarsi dell’altra”. Quanto all’episodio delle percosse, sarebbe stata la 19enne ad aggredire per prima “perché gelosa del legame tuttora esistente tra il ragazzo che frequentava e la rivale”.
Una prospettazione che il giudice Elisabetta Meinardi non ha comunque ritenuto valida, pronunciando un verdetto di colpevolezza.