“È stato un incubo davvero”. Alessia Aimar, assicuratrice di Vignolo, descrive così la situazione che ha vissuto nella notte tra martedì 29 e mercoledì 30 ottobre nella zona di Valencia. Aveva in programma qualche giorno di vacanza con un’amica per festeggiare i suoi quarant’anni, ma proprio quando sarebbero dovute arrivare c’è stata l’alluvione che, secondo gli ultimi dati rilasciati dal ministro dell’Interno spagnolo Fernando Grande-Marlaska, ha causato 207 vittime e 1.900 dispersi.
Per una serie di fortunate coincidenze non sono arrivate a Valencia nel momento peggiore. “Siamo partite con un’ora e mezza di ritardo da Torino, abbiamo sorvolato Valencia per venti minuti e poi ci hanno fatto atterrare ad Alicante. Ryanair ci ha detto che avrebbero predisposto dei pullman per portarci a Valencia, ma noi abbiamo deciso di organizzarci con dei ragazzi che avevamo incontrato lì per fare prima. Erano circa le 20.30”, racconta Alessia Aimar. Nessuno li ha avvisati del rischio a cui sarebbero andati incontro mettendosi in viaggio verso Valencia. Alle 22.17 i cellulari sono squillati tutti insieme, era il messaggio che diceva di non mettersi in strada perché c’era pericolo di allagamenti. “Noi a quell’ora eravamo già in strada, in mezzo al nulla, non vedevamo niente perché era tutto buio intorno. C’era molto traffico. Nonostante il messaggio di allerta l’autista del pullman ci ha detto che dovevamo stare tranquilli, che avrebbe fatto le strade secondarie”. In quel momento nessuno aveva consapevolezza di quello che stava davvero succedendo nei dintorni di Valencia, fino a quando un amico di Alessia verso mezzanotte le ha mandato delle foto dell’alluvione in città e le ha detto di non avvicinarsi assolutamente. “Allora l’ho fatto presente ai miei compagni di autobus, ma noi eravamo su una superstrada non potevamo andare da altre parti”, continua a raccontare.
Arrivati nei dintorni di Valencia l’autista li ha informati che le strade di accesso alla città erano tutte bloccate. “C’erano transenne, la protezione civile, ma non si vedeva niente perché era tutto buio. Abbiamo continuato a girare fino alle due di notte, fino a quando davanti a noi non vediamo un camion rovesciato. L’autista scende per prestare soccorso e di lato vedo che c’era un sottopasso completamente allagato con una macchina che galleggiava”. Stavano per entrare in città quando arriva velocemente un camion dei pompieri, che blocca la strada e vieta al bus di proseguire. “In quel momento abbiamo capito che la situazione era preoccupante, l’autista decide di tornare indietro e ci porta in un paesino che si chiama Alaquàs. C’erano polizia, elicotteri, un’ansia perenne, un ragazzo ha avuto un attacco di panico. Non sapevamo cosa fare”. Non sapendo dove andare, quella notte l’hanno passata tutti in pullman.
Il mattino dopo non sapevano ancora nello specifico che cosa fosse successo a pochi chilometri da loro, anche perché la maggior parte aveva il telefono scarico dato che erano fuori casa da parecchie ore. “Tutto era pieno di fango, i negozi erano allagati. C’era solo un bar aperto, lì abbiamo mangiato qualcosa dato che non mangiavamo dalla sera prima. Mentre mi stavano cantando tanti auguri è entrata una signora urlando che la diga stava per cedere. Tutti abbiamo iniziato a correre. Poi la diga ha retto, ma ho comunque provato un terrore che non so spiegare”. Dopo aver passato la mattinata in un hotel che ha offerto il pranzo a tutti, verso le 18 sono arrivati in centro a Valencia, in una zona che non è stata colpita dalle alluvioni. “Abbiamo fatto davvero fatica a realizzare cosa era successo. Mi sento una miracolata, siamo salve grazie a una serie di coincidenze che non ci hanno fatto arrivare lì prima”. Alessia e la sua amica, come tantissime altre persone, si sono trovate in una situazione di grave pericolo senza esserne consapevoli. Loro erano lì in vacanza, ma in strada c’erano persone che tornavano dal lavoro, dal supermercato, che uscivano a cena.
“Eravamo praticamente nell’occhio del ciclone, intorno è successa la devastazione. Ma non lo sapevamo perché nessuno ci aveva detto niente. L’alluvione è iniziata tra le 19 e le 20, ma il primo messaggio di allerta a noi è arrivato alle 22.17, intanto era già successo il finimondo. Se ad Alicante ci avessero detto di non muoverci noi non ci saremmo mossi. Nessuno ci ha messi nelle condizioni di stare al sicuro. Ryanair non doveva farci volare, non dovevano nemmeno dirottarci su Alicante”. Alessia sa come funzionano le allerte perché, oltre a essere figlia di un pompiere, è volontaria del 118, ma durante l’alluvione di Valencia è mancata la comunicazione: “Noi non abbiamo avuto la possibilità di metterci in sicurezza. A noi è andata bene, ci sono tantissimi morti e tante persone che hanno perso tutto”.
Per tornare a casa hanno preso l’aereo da Valencia e la visuale della città dall’alto è sembrata apocalittica. “C’era una distesa di fango immane nel mare. È stato devastante. Noi siamo state fortunate perché, nonostante il trauma, non ci è successo niente. Ma non so spiegare cosa ho provato quando l’aereo ha sorvolato tutta quella morte e devastazione”.