L’obbligo vaccinale non sussiste in automatico per tutti i dipendenti delle aziende sanitarie locali, ma solo per chi lavora a contatto effettivo con anziani e soggetti fragili. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro del Tribunale di Torino con una sentenza dello scorso 20 luglio, destinata a costituire un precedente importante.
Il caso riguardava un dipendente dell’Anagrafe Zootecnica dell’Asl, con mansioni amministrative. L’uomo era stato sospeso dal servizio a decorrere dal gennaio di quest’anno, a seguito del decreto legge 44/2021 che imponeva la vaccinazione anti-Covid a tutti gli operatori sanitari. Il datore di lavoro ha osservato in proposito che il decreto imponesse di ricomprendere anche il personale amministrativo come soggetto all’obbligo, tanto più che il dipendente in questione - ultracinquantenne - era comunque soggetto al successivo obbligo di vaccinazione introdotto con il decreto legge del 7 gennaio 2022. Il dipendente, che aveva già lavorato in smart working tra il 2020 e il 2021, aveva proposto all’Asl di continuare a svolgere in suo lavoro in questa modalità, ma si era scontrato con il rifiuto della dirigenza.
Assistito dai legali Valerio Savino e Fabio Pansera ha quindi proposto un ricorso contro la sospensione, chiedendo il reintegro e il pagamento degli stipendi arretrati. Il giudice Lorenzo Audisio ha accolto le sue istanze, osservando in particolare che “il legislatore ha operato la scelta dei luoghi ove i lavoratori non sanitari hanno l’obbligo di essere vaccinati limitandoli a quelli ove vengono eseguite prestazioni di cura ed assistenza alle persone e non a qualsivoglia luogo di lavoro in cui si esplica l'attività delle Asl”. La sospensione dal servizio non si configura, dunque, come “una misura punitiva” ma “risponde all’esigenza di allontanare il lavoratore che, in quanto non vaccinato, viene considerato una fonte di rischio per quei soggetti fragili che con lo stesso devono necessariamente venire a contatto”. Ciò che rileva “non è il suo formale inquadramento, ma le mansioni in concreto esercitate”.
La mera eventualità che nell’ambito della sua attività l’impiegato potesse comunque venire in contatto con soggetti fragili e anziani, secondo il giudice, non giustifica la compressione del diritto di autodeterminazione del singolo. In proposito si è richiamata un’analoga sentenza del Tribunale di Ivrea pronunciata il 1 luglio scorso, dove si distingueva appunto tra l’impiegato in attività di front office e “il medico o l’operatore sanitario che visita il paziente, gli somministra la terapia e si occupa della sua igiene personale, con un conseguente contatto prolungato e ravvicinato”. Anche il riferimento all’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni è stato ritenuto inconferente perché, a differenza di quanto disposto per i sanitari, non prevedeva la possibilità per il datore di lavoro di sospendere il soggetto non vaccinato.