CUNEO - In fuga per un mese con una sedicenne di Cuneo: condannata una donna di 51 anni

La sparizione si era conclusa in Germania dopo una soffiata a “Chi l’ha visto?”. L’imputata era innamorata dell’adolescente e voleva allontanarla dalla madre

a.c. 16/03/2021 20:00

 
Era stata una fuga alla Bonnie e Clyde quella di una sedicenne di Cuneo e una donna di 47 anni, operaia originaria di Belpasso in provincia di Catania. Fuga d’amore, stando a quanto dichiarato dall’imputata dopo il ritrovamento della ragazza, che da parte sua però ha smentito il coinvolgimento sentimentale: “Era solo un’amica”.
 
La giovane, oggi ventenne, ha ricostruito davanti al giudice i fatti risalenti all’estate del 2017 per i quali Maria Luisa Rapisarda, incensurata, è finita a processo per sottrazione di minore a scopo di libidine e trattenimento di minore all’estero. Si erano conosciute in un bar, nel periodo in cui l’adolescente viveva in casa di sua zia, anche lei amica della Rapisarda: “Mi aveva confidato di essere lesbica e mi parlava dei problemi che aveva avuto nell’infanzia. Una sola volta ha provato a baciarmi sulle labbra ma l’ho respinta, dopo non ci sono più stati altri approcci finché non siamo fuggite”. La donna in compenso si era fatta sempre più possessiva nei confronti di quell’amica di trent’anni più giovane. La contattava in continuazione e non accettava che qualche coetaneo le si potesse avvicinare: “Questi atteggiamenti mi davano fastidio perché era imbarazzante e non volevo che la gente pensasse che anche io fossi omosessuale”.
 
Già prima della fuga la situazione si era fatta abbastanza preoccupante da indurre la madre della sedicenne a rivolgersi più volte ai carabinieri. Lo aveva fatto anche la mattina di quel fatidico 4 agosto, poco prima che sua figlia sparisse insieme alla Rapisarda: “Ci siamo viste al bar e mi ha proposto di andare via. Non mi ero mai allontanata da casa e non sapevo nemmeno dove saremmo andate, è stata una cosa improvvisa”. Sulle ragioni che l’avevano spinta ad accettare di seguire la 47enne in quella che doveva essere una semplice gita, la testimone ha detto: “Diceva che se non fossi andata con lei si sarebbe uccisa e mi prometteva di comprarmi un paio di scarpe Adidas e un cellulare. Il mio era stato sequestrato da mia madre”.
 
Le due “fuggitive” si erano dirette da subito in Sicilia, a bordo di una Panda grigia sottratta dalla Rapisarda alla sua coinquilina. Su quell’auto la sua accompagnatrice minorenne sarebbe stata avvistata più volte e in diverse località dell’isola, senza che le autorità riuscissero però a rintracciarla. Ai suoi conoscenti la donna la presentava come sua figlia: alcuni di loro l’avrebbero in seguito denunciata sospettando che avesse sottratto monili d’oro e denaro per finanziare la prosecuzione della fuga. L’arrivo in Sicilia della madre della ragazza avrebbe infine convinto l’adulta a dirigersi altrove, verso la Germania: qui, nella cittadina bavarese di Inning am Ammersee, la Rapisarda aveva trovato lavoro come cuoca ed era stata infine segnalata a “Chi l’ha visto?” dal titolare del locale. “Non ho mai cercato di contattare mia madre perché temevo la reazione di Luisa” ha confidato la giovane, pur ammettendo che nonostante gli insistenti approcci sessuali la donna non l’aveva mai minacciata: “Anche dopo il mio ritorno a Cuneo ha continuato a contattarmi. Ancora un mese fa, vedendo che mi sono fidanzata, mi ha inviato un messaggio su Facebook: ‘ti auguro il meglio”.
 
Per l’imputata, tuttora residente in Germania, il pubblico ministero Luigi Dentis aveva chiesto la pena di due anni e sei mesi di carcere affermando che la sua condotta si collocasse in una “zona grigia” al limite del rapimento: “È pacifico che la minore l’abbia seguita di sua volontà ma, di fatto, temeva dapprima che l’amica facesse un gesto insano e poi anche che reagisse contro di lei”. Anche per l’avvocato di parte civile Gennaro Gadaleta l’imputata era cosciente di mettere in atto una condotta illecita. Il difensore, avvocato Luciano Aimar, si è limitato a chiedere l’assoluzione dal secondo capo d’accusa, quello relativo al trattenimento illegale all’estero.
 
Il giudice Sandro Cavallo ha infine condannato l’imputata a un anno di reclusione. Dovrà inoltre risarcire 2500 euro alla madre della ragazza e altrettanti a lei, nonché altri 1000 euro complessivi alle associazioni Penelope e Gens Nova, costituitesi come parti civili.

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