Alla donna che cercava di farlo desistere dai suoi atteggiamenti molesti, minacciando di chiamare il 112, aveva risposto solo “puoi chiamare chi vuoi, non ho paura di loro”. Lo sfondo è quello di corso Giolitti, pieno centro di Cuneo, sul fronte “caldo” del contrasto alla microcriminalità e al degrado. Protagonisti due persone di nazionalità somala: lei si era appena recata in stazione, per accompagnare il figlio a prendere il treno. Lui, A.Y., oggi 23enne, era insieme a due amici e connazionali.
I tre avevano avvicinato la donna e avviato una conversazione con lei, ma A.Y. era apparso da subito sgarbato: “Con la scusa di salutarmi ha cercato di darmi un bacio sulla bocca anziché sulla guancia, io mi sono ritratta” ha spiegato la vittima. Il ragazzo, ha aggiunto, le aveva anche chiesto se volesse della droga, ma lei aveva rifiutato e si era affrettata per tornare verso la sua auto. Lui però non aveva desistito, anzi l’aveva inseguita: “A un certo punto si è avvicinato e mi ha toccato il sedere. Ho protestato, lui ha dato in escandescenze e ha cominciato a insultarmi”. All’altezza di piazza Europa una pattuglia della Polizia, chiamata dalla signora, aveva finalmente bloccato il molestatore: “Nel momento in cui siamo arrivati - ha ricordato un agente - la signora si è gettata in strada per richiamare la nostra attenzione. Poi si è chiusa all’interno della volante, era terrorizzata”.
Quanto accaduto in seguito è valso al somalo le ulteriori accuse di resistenza, oltraggio, minaccia e rifiuto di indicazioni sulle proprie generalità, in aggiunta a quella più grave di violenza sessuale. Alla vista dei quattro poliziotti, l’imputato si era avventato contro di loro per poi divincolarsi e scappare, fino ad essere raggiunto in via Meucci: “Quando ha iniziato la fuga, ha perso le scarpe e ha percorso l’intero tragitto scalzo sull’asfalto di corso Giolitti. Ha posto una forte resistenza sia verbale che fisica: scalciava e si sbracciava”. Oltre a proferire una serie di ingiurie in risposta alla richiesta di documenti, con frasi come “non vi do un c…, siete solo quattro st…” e perfino “l’Italia va male per colpa vostra”.
La vittima dell’aggressione sessuale in aula ha raccontato anche di essere stata minacciata di stupro, mentre veniva inseguita: “C’erano altre persone, ma nessuno è intervenuto. Ho avuto timore a girare a piedi anche nei giorni successivi e non sono più tornata in quella zona”. Tutto questo, come ha ricordato il sostituto procuratore Francesca Lombardi, era avvenuto all’incirca alle ore 20, in una serata di luglio del 2021: stigmatizzando l’“atteggiamento di completa indifferenza e irriverenza verso la donna e le forze dell’ordine intervenute”, il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi. La difesa ha evidenziato per contro alcune presunte incongruenze, tra quanto dichiarato dalla persona offesa in denuncia e quanto riferito in aula. In particolare, secondo il legale, “non c’era la possibilità, date le tempistiche descritte, che l’uomo la raggiungesse sulle strisce per palparle il sedere”.
I giudici del tribunale collegiale hanno infine condannato il 23enne a due anni e tre mesi di reclusione.