Oltre al danno, la beffa. Anche se tutti i protagonisti di questa vicenda, probabilmente, potrebbero pensarla così, ognuno dal proprio punto di vista. Sta di fatto che adesso davanti al giudice ci sono gli autori di una denuncia presentata a seguito di uno scontro sugli sci, avvenuto nel marzo 2020 a Limone Piemonte.
F.M. e la moglie F.G., entrambi imperiesi, sono a processo con l’accusa di calunnia. La Procura di Cuneo non ha creduto alla versione che i due avevano offerto nella querela a carico di una 25enne residente a Robilante. Anzi ha ritenuto addirittura che il loro racconto fosse inventato di sana pianta, almeno negli aspetti essenziali. Contro i due imputati, nei confronti dei quali si è proceduto d’ufficio dopo la segnalazione, si è costituita come parte civile anche la giovane che era stata accusata.
È stata lei la prima a ripercorre in aula gli eventi di quella giornata, un’uscita sugli sci con il fidanzato che avrebbe dovuto essere spensierata e che invece si trasformò in un incubo per mesi. “Eravamo sulle piste da sci e dovevamo prendere l’impianto di risalita” ha ricordato la ragazza. Lei e il fidanzato arrivavano dalla pista Pancani, l’altra coppia dalla Pian del Leone: erano ormai in prossimità della seggiovia, quasi fermi. “All’improvviso - racconta - mi sono sentita travolgere sulla destra da un altro sciatore: ho battuto la testa e non ho capito cosa sia successo, per fortuna avevo il casco”. Fin dai primi istanti era apparso chiaro che ad avere la peggio fosse stato l’uomo: “Ricordo di aver iniziato a sentire delle urla. Quando il mio fidanzato mi ha aiutata ad alzarmi, ho visto l’altro sciatore in terra che urlava e sua moglie che inveiva e mi insultava”.
L’infortunato era stato presto soccorso e caricato sul toboga. La sua compagna, invece, “urlava rivolgendosi a tutti e mi additava”. La coppia cuneese si era poi recata nella cabina della Polizia per sottoscrivere un verbale dell’accaduto. Ai poliziotti la 25enne aveva chiesto un recapito dello sciatore ferito e gli aveva telefonato, la sera stessa, per sincerarsi delle sue condizioni: “Mi aveva insultata e aveva buttato giù il telefono” ha precisato. Una brutta disavventura, insomma, che sembrava però conclusa con qualche ammaccatura e uno spiacevole ricordo. Lei non ci aveva più pensato, tanto più che nel frattempo era scoppiato il Covid e tutta l’Italia era finita in lockdown. Questo fino al luglio successivo, quando si era vista recapitare una lettera da uno studio legale di Imperia: “C’era scritto che il signore aveva sporto denuncia e chiedeva risarcimenti per danni psicologici e morali. Io dovevo iniziare un nuovo lavoro e mi avevano addirittura chiesto di precisare che ero sotto inchiesta penale: mi sembrava assurdo, ho iniziato a essere molto ansiosa”.
Dopo mesi di preoccupazioni e carte bollate, la sgradevole faccenda si era chiusa con un’archiviazione. Ma la ragazza sostiene di patirne ancora le conseguenze: “Questa vicenda mi dà tuttora ansia, fatico a prendere sonno e a dormire”. Di fronte al giudice sono sfilati il fidanzato, il padre e la cognata della persona offesa, oltre a un tecnico della seggiovia che aveva assistito ai fatti e al fratello dell’imputato. Anche quest’ultimo era nella Riserva Bianca quel giorno, ma si trovava nei pressi della Cabaneira: “Ricordo di aver ricevuto la telefonata di mia cognata, mi informava che mio fratello era stato investito. Lui me lo ha confermato la sera stessa, ha detto che era stato travolto da fermo al fondo della pista Pian del Leone. Era parecchio dolorante e si trovava sotto l’effetto degli antidolorifici”.
L’ultima udienza è in calendario il prossimo 16 aprile.