LIMONE PIEMONTE - La Procura chiede sette rinvii a giudizio per la ‘morte bianca’ di Bashkim Toska

Il lavoratore 59enne di origini albanesi, residente a Cuneo, era stato travolto da un cassero in un cantiere di Limone. L’udienza preliminare il 22 ottobre

30/06/2021 17:51

Sono ben sette le richieste di rinvio a giudizio per l’ennesima, tragica ed evitabile morte bianca, quella di Bashkim Toska. Il 26 febbraio 2020 l’operaio di 59 anni di origine albanese, trasferitosi da circa un anno a Cuneo, era stato travolto dall’inopinata caduta di un “cassero” in un cantiere edile di Limone Piemonte. In seguito ai gravissimi traumi riportati era deceduto tre giorni dopo, il 28 febbraio.
 
Dando riscontro alla richiesta avanzata dal pubblico ministero titolare del procedimento, la dott.ssa Carla Longo, il gip del Tribunale dott.ssa Cristiana Gaveglio ha fissato per il 22 ottobre 2021, dalle ore 10, l’udienza preliminare del processo. A chiedere giustizia ci sono i familiari della vittima tra cui il fratello Hysen, assistito dallo studio legale Studio3A.
 
Il gravissimo incidente si era verificato la mattina del 26 febbraio dello scorso anno, intorno alle ore 11. Nel cantiere di via Elmellina 2 a Limone era in corso la realizzazione di un complesso turistico-residenziale, in particolare una palazzina a piani sfalsati con diversi alloggi. Al momento della tragedia era stata completata quasi tutta la parte interrata, così come le solette del primo piano ad altezze diverse. L’operaio lavorava per conto dell’impresa edile di un connazionale che aveva ricevuto in subappalto alcune lavorazioni. Il responsabile della sua ditta lo aveva mandato a recuperare del materiale sulla soletta in prossimità di una parete di cassaforma appena montata (si tratta di quel pannello di ferro di un’armatura usato in edilizia per contenere e dare forma al cemento armato durante la fase di presa.
 
È allora che il cassero all’improvviso gli era crollato addosso, schiacciandolo. I colleghi lo avevano subito soccorso, sollevando con una gru la pesante paratia, e avevano dato l’allarme. Il cinquantanovenne era stato elitrasportato in condizioni disperate all’ospedale di Cuneo, ma i politraumi riportati erano troppo gravi. Nonostante i tentativi dei medici di salvarlo, dopo tre di agonia era spirato lasciando nel dolore anche la moglie e due figli, oltre al fratello a cui era molto legato. Quest’ultimo, attraverso la consulente legale dott.ssa Sara Donati, si è rivolto a una società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, la Studio3A-Valore S.p.A..
 
Dalle indagini condotte dai carabinieri della stazione di Limone, che avevano subito posto sotto sequestro il cantiere, e dagli ispettori del Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro dell’Asl Cn1, sarebbero emerse fin da subito pesanti responsabilità: “Sembra che il cassero abbia ceduto perché gli ancoraggi non erano adeguati e perché quella lavorazione è stata effettuata in una giornata di forte vento quando avrebbe dovuto essere sospesa” avevano scritto nel primo rapporto i tecnici dello Spresal. Approfondendo le indagini sono state riscontrate numerose altre presunte violazioni oltre a quella, fatale, di aver continuato la posa in opera della cassaforma nonostante le condizioni meteorologiche avverse ne richiedessero lo stop, come peraltro imposto anche dal Piano Operativo per la Sicurezza.
 
A chiusura delle indagini preliminari, il pm ha ritenuto di chiedere il processo per tutti e sette gli indagati: si tratta di R.C., 67 anni, di Cervasca, in qualità di responsabile dei lavori per la sicurezza e di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione della società Lim-one srl di Cuneo, l’impresa committente; F.S., 56 anni, di Boves, capo commessa e coordinatore di cantiere della società Fantino Costruzioni, l’impresa esecutrice dell’intervento; M.C., 42 anni, di Roccasparvera, caposquadra della Fantino; F.B., 33 anni, di nazionalità albanese come gli altri quattro imputati, residente a Centallo, in qualità dei socio amministratore della Edil 2014, l’impresa a cui erano stati subappaltati i lavori di creazione dei muri in cemento armato, A.K., 45 anni, di Centallo, il legale rappresentante della Edil 2014 e un suo operaio, A.B., 45 anni, anche lui di Centallo; infine J.K., 37 anni, di Cuneo, il rappresentate legale e datore di lavoro della Fratelli Kovakaj srl, l’impresa per la quale la vittima lavorava e a cui erano stati subappaltati altri lavori di muratura.
 
Tutti devono rispondere, per i loro rispettivi obblighi, posizioni di garanzia e responsabilità, di omicidio colposo in concorso con l’aggravante di essere stato commesso in violazione delle norme antinfortunistiche. La dott.ssa Longo afferma nella sua richiesta di rinvio a giudizio che nell’infortunio mortale sarebbe stata determinante “instabilità dovuta all’installazione in violazione delle disposizioni previste” del cassero. La Procura contesta inoltre la mancata valutazione dei rischi connessi alla realizzazione delle singole fasi di lavorazione, all’ interferenza tra le lavorazioni demandate alle diverse ditte che operavano contemporaneamente nel cantiere, e alle cautele da adottare in condizioni climatiche avverse come la presenza di raffiche di vento. L’area di lavoro in questione, in particolare, sarebbe stata priva di bindelle di plastica di delimitazione e di segnali di avvertimento. Contestata anche la mancata adozione di misure di prevenzione e protezione nella fase di montaggio dei casseri e la loro installazione in violazione delle regole previste dal manuale di istruzione della ditta produttrice e nel Pos.

c.s.

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