Nessun abuso, solo una decisione discrezionale dell’amministrazione comunale: lo pensano i giudici del tribunale di Cuneo che stamani hanno assolto Enrico Colombo, ex sindaco e attuale vicesindaco di Acceglio, dalle imputazioni che la procura aveva formulato contro di lui, abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio.
La denuncia era partita da Fabrizio Fea, gestore del rifugio in borgata Viviere ma anche ex sodale politico di Colombo. Nella sua giunta aveva ricoperto per un anno il ruolo di vicesindaco, prima di rassegnare le dimissioni. Una scelta che a suo dire il sindaco non avrebbe affatto gradito, tanto da minacciarlo di non farlo più lavorare. Minaccia concretizzatasi, sempre secondo la versione di Fea, in una serie di dispetti e vessazioni come il mancato sgombero della neve sulla strada per Viviere e l’inasprimento delle autorizzazioni al transito invernale di cui il proprietario del rifugio godeva. L’autorizzazione concessa, ha spiegato in aula il querelante, era vincolata alla scala del rischio valanghe: “Un pericolo quasi inesistente in quella zona. Per altre attività di Acceglio invece questo rischio è altissimo, eppure solo il mio rifugio è stato sottoposto a queste misure”. Una situazione che si sarebbe modificata solo mesi dopo perché Colombo “sapeva che era in corso questo procedimento e si sentiva ‘pressato’ dalla procura”.
Dal canto suo, l’ex primo cittadino spiega di aver aumentato le restrizioni non per malanimo nei confronti di Fea (il quale era rimasto consigliere comunale), ma perché preoccupato da eventuali rischi: “Alcuni mesi prima era successo il fatto di Rigopiano. Mi resi conto di aver dato autorizzazioni a persone che forse non sapevano di transitare in aree dove insistevano frane e valanghe”. Di qui la decisione di interrompere anche lo sgombero neve: “In quella strada ci sono difficoltà di transito dei mezzi spazzaneve. È una strada militare e andrebbe allargata, d’inverno non è mai rimasta aperta”. Se il divieto non si applicava a nessuno a parte Fea, ha aggiunto, è perché “a nessun altro era stata data un’autorizzazione in deroga a un’ordinanza, a parte il Soccorso Alpino per un’esercitazione”.
Un’ulteriore contestazione, relativa alla raccolta dei rifiuti, è stata ritirata dallo stesso pubblico ministero perché ricondotta a “un equivoco” riguardo alla riorganizzazione della nettezza urbana. Il sostituto procuratore Pier Attilio Stea ha invece ribadito la validità delle restanti accuse, pur domandando per l’amministratore una pena entro il limite edittale di un anno. Riguardo allo sgombero neve, ha detto, “c’è la conferma dei testimoni che prima dell’inverno 2017-18 la strada veniva pulita, è stato Colombo a dare indicazione allo spazzaneve di non farlo più”. La limitazione al transito, ha aggiunto il rappresentante della pubblica accusa, avrebbe dovuto essere limitata al “tempo strettamente necessario” e non a un’intera stagione: “La libera circolazione è un diritto costituzionale, l’ente locale può limitarlo solo per un periodo preciso. L’imprenditore aveva bisogno assoluto di utilizzare quella strada per mantenere in piedi il rifugio”. “L’autorizzazione a Fea era sempre stata concessa, senza valutazioni discrezionali e riferimenti al pericolo di valanghe” ha rimarcato per la parte civile l’avvocato Alessandro Ferrero: “La tragedia di Rigopiano ha realmente creato sconcerto nell’opinione pubblica, ma questo scrupolo il sindaco se lo fa venire non nell’ordinanza di febbraio 2017, un mese dopo la valanga, ma quasi un anno dopo”. Nella carta valanghe dell’Arpa, ha affermato il legale, “la zona del rifugio di Fea non è assolutamente a un livello di rischio tale da far tenere un atteggiamento come quello che emerge dall’ordinanza”: “Non ci lamentiamo della chiusura della strada in sé - ha spiegato - ma dell’atteggiamento punitivo”.
Per l’avvocato Roberto Macchia, difensore di Colombo, “sarebbe incoerente chiudere al traffico una strada per poi sgombrarla dalla neve” e in ogni caso “non c’è traccia della richiesta da parte di Fea di offrire un’interpretazione alternativa dell’autorizzazione”. La limitazione al transito andava comunque inquadrata, a giudizio della difesa, nell’esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione: “Prima che la stagione invernale inizi non si può sapere quali saranno le giornate di neve. Se non si mette in discussione l’ordinanza di chiusura, non c’è nemmeno motivo di contestare il mancato sgombero: la strada veniva chiusa proprio perché non era possibile sgomberare la neve”. I giudici hanno assolto l’ex sindaco perché il fatto non sussiste quanto all’imputazione relativa alle presunte carenze nella raccolta dei rifiuti. Sulle residue contestazioni, perché il fatto non costituisce reato.