Si sono tenuti a Cuneo nel pomeriggio di oggi, giovedì 9, i funerali di monsignor Aldo Giordano, nunzio apostolico della Santa Sede presso l’Unione Europea.
Monsignor Giordano è deceduto lo scorso 2 dicembre a Lovanio, in Belgio, dove era ricoverato in coma farmacologico da ottobre dopo aver contratto una forma aggressiva di Covid, scoperta a fine settembre al rientro da un viaggio a Budapest. L’alto prelato aveva 67 anni: era nato a Cuneo, in frazione San Benigno, il 20 agosto 1954. Nella sua città si era formato in seminario e aveva preso i voti nel 1979, per poi laurearsi in filosofia e teologia e insegnare presso il seminario interdiocesano di Fossano negli anni Ottanta e Novanta.
Il vescovo di Cuneo Piero Delbosco ha ripercorso durante le esequie in Duomo le tappe salienti della sua successiva carriera nella diplomazia vaticana. La nomina a segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, carica ricoperta per tredici anni a partire dal 1995, poi l’incarico come osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo e infine gli anni trascorsi in Venezuela come nunzio apostolico, dal 2013 fino al maggio scorso. Alla sua ordinazione episcopale, il 26 ottobre di otto anni fa, aveva presieduto il suo predecessore alla nunziatura di Caracas, l’attuale segretario di Stato Vaticano cardinale Pietro Parolin. È stato lui oggi a celebrarne i funerali: “Non possiamo non provare gioia di fronte alla vita di don Aldo - ha detto nella sua omelia - e non ripetere le parole di sant’Agostino: non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, ma ti ringraziamo per avercelo donato”.
Il cardinale Parolin ha ricordato l’uomo che “aveva il culto dell’amicizia e sapeva creare legami con tutti”, fautore nel difficile scenario venezuelano di una diplomazia dell’incontro e del dialogo. Ma Giordano era anche “un grande esperto di temi europei, convinto che - come scrisse in un libro del 2013 - ‘un’altra Europa è possibile’”: centrale, per lui, “la riflessione sull’unità dell’Europa e sul contenuto e il fondamento dei valori, questioni nelle quali la Chiesa e i cristiani possono dare un contributo”. Poco prima di partire per la sua nuova missione in Belgio, ha ricordato il segretario di Stato di papa Francesco, il monsignore aveva scritto “la fede mi dice che il Cristo risorto mi precede e mi aspetta a Bruxelles”: “Sembrava presagire lui stesso ciò che sarebbe accaduto, perché nella nuova sede aveva portato solo le cose essenziali: qualche libro, qualche ricordo a lui caro. Un presagio che è divenuto consapevolezza quando prima di essere intubato ha inviato ai suoi amici un messaggio pieno di fede e di serenità”.
Moltissimi i messaggi giunti in questi giorni dalle più alte istituzioni laiche ed ecclesiastiche in tutto il mondo. Il papa, per il tramite del cardinale celebrante, ha inviato a familiari e amici la sua benedizione. Ma non sono solo i potenti della terra a onorarne la memoria, come ricordato dal vescovo Delbosco. Lo testimoniano le lettere, i tweet, i commenti comparsi sul canale YouTube della diocesi di Cuneo, che ha trasmesso in streaming la cerimonia funebre. Persone comuni, dalla Russia al Brasile passando ovviamente per il Venezuela, lo hanno ricordato come docente e semplice sacerdote: “Maestro in umanità, un prete felice, un bravo professore” si legge in una delle note di commiato.