CUNEO - L’appello ribalta la sentenza per la morte di Francesco Scarmato: l’automobilista è responsabile

Il tragico incidente a San Rocco Castagnaretta poteva essere evitato, secondo i giudici. In primo grado l’imputata, un’infermiera di Borgo, era stata assolta

Andrea Cascioli 24/10/2024 19:20

La donna alla guida dell’auto che travolse e uccise il 17enne cuneese Francesco Scarmato non fece tutto ciò che era in suo potere per evitare la tragedia, avvenuta nella notte dell’11 luglio 2019 a San Rocco Castagnaretta. Lo sostengono i giudici della Corte d’Appello di Torino che lo scorso venerdì 18 ottobre hanno condannato C.M., infermiera residente a Borgo San Dalmazzo, per l’omicidio stradale del giovane. La condanna è pari a dieci mesi di reclusione, cui si aggiungono la sospensione della patente di guida e il risarcimento dei danni anche per l’altro ragazzo investito, alla guida della bicicletta su cui viaggiava Scarmato.
 
In primo grado a Cuneo, nel 2022, l’automobilista era stata assolta per non aver commesso il fatto. Una sentenza che aveva provocato moti d’indignazione e dure proteste da familiari e amici del ragazzo, presenti alla lettura del verdetto. Il giovane in bicicletta insieme a Francesco in quella triste notte, suo amico e coetaneo, si era sentito male in aula. La giudice Elisabetta Meinardi aveva scritto nelle motivazioni che la violazione dei limiti di velocità “non è sufficiente a far presumere l’esistenza di un nesso di causalità tra tale violazione e l’evento verificatosi”. In altre parole, anche viaggiando al di sotto dei 50 km all’ora l’auto non avrebbe evitato l’impatto.
 
“C’erano già stati ben nove incidenti in quell’incrocio” aveva ricordato durante la discussione l’avvocato della famiglia Scarmato, Daria Boriosi, affiancata in appello dal collega Giuseppe Grillea. Il punto in cui la Ford Focus aveva travolto i due ragazzi in bici è quello tra corso De Gasperi e via San Maurizio, di fronte al cimitero di San Rocco Castagnaretta. Un’intersezione la cui pericolosità era nota da tempo in città, specie a semaforo spento come in quel momento. La bicicletta, ha osservato la difesa, avrebbe dovuto dare la precedenza all’auto immettendosi su quella strada. Inoltre, almeno a detta dell’imputata, sul veicolo a due ruote non c’erano luci né segnali luminosi. All’automobilista si contestava però un superamento dei limiti che nemmeno i consulenti della difesa e dell’assicurazione hanno mai messo in dubbio. Nel gioco delle perizie contrapposte, si è cercato semmai di dimostrare che la violazione fosse più o meno grave: per la difesa la Focus doveva viaggiare tra i 55 km/h e i 60 km/h, per il consulente della Procura tra i 62 km/h e i 72 km/h, rispetto ai 50 chilometri orari imposti.
 
Quella notte l’imputata stava rientrando a casa dopo un turno di lavoro in sala operatoria, all’ospedale Santa Croce di Cuneo. Per Scarmato, subito soccorso da un medico che viaggiava su un’altra auto, non c’era purtroppo nulla da fare: all’arrivo dell’équipe del 118 era stata tentata senza esito la rianimazione. Lo studente dell’Enaip, classe 2001, era molto conosciuto in città anche per i suoi trascorsi sportivi con l’Olmo e l’Auxilium.

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