Per l’accusa fu un infortunio in piena regola, mai denunciato alle autorità. Per la difesa un’avventata “gara di velocità” tra operai finita in malo modo. Si parla di un episodio avvenuto nel dicembre 2016 presso la Europoll di Caraglio, ovvero del ferimento di un ivoriano che lavorava come operaio addetto al taglio delle carni.
L’ex dipendente ha denunciato il suo datore di lavoro dell’epoca, Roberto Costamagna, amministratore delegato dell’azienda fondata da suo nonno nel 1947. Costamagna è indagato, in un procedimento separato, anche con l’accusa di caporalato, per la quale nel dicembre del 2021 era stato arrestato insieme ad altre cinque persone e poi rimesso in libertà. Sulla scorta di quanto dichiarato dall’operaio ferito e dagli ispettori dello Spresal, la Procura gli contesta di non aver fornito guanti con protezioni adeguate, più una serie di altre violazioni relative alla sicurezza e al trattamento dei lavoratori. “Al momento dei controlli - ha spiegato un funzionario dello Spresal - solo alcuni avevano guanti in fibra, inadeguati al taglio. Tra i dipendenti assunti c’era chi non aveva mai ricevuto formazione sui rischi”.
Una circostanza confermata dalla persona offesa, che ha ritirato la costituzione di parte civile dopo essere stato risarcito: “Ho ricevuto i guanti di metallo solo dopo che mi sono ferito, prima non avevo protezioni”. L’uomo afferma di aver lavorato “in una situazione di sofferenza” per tre anni, con una sola pausa di venti minuti al giorno e il divieto di interrompere il turno perfino per andare in bagno. Anche il giorno dell’incidente l’operaio avrebbe avuto semplici guanti in plastica: “Impugnavo il coltello con la destra e mi sono tagliato il tendine del pollice sinistro. In due mi hanno portato nella doccia e mi hanno abbandonato lì. Un’amica mi ha poi prestato le prime cure e mi ha consigliato di andare dal dottore”. Da parte dell’azienda, sostiene, ci sarebbe stato un tentativo di insabbiare l’incidente: “Un collega voleva chiamare l’ambulanza, ma il caposquadra gli disse di no. Già altre persone si erano ferite e non era mai stato chiamato il 118”. Il titolare, aggiunge, lo avrebbe lasciato andare a casa intimandogli però di non recarsi in ospedale: “Se la ferita si fosse aggravata, avrei dovuto dire in pronto soccorso che mi ero fatto male a casa. In segreteria mi dicevano di non richiedere l’infortunio sul lavoro, altrimenti mi avrebbero licenziato”.
Sulle circostanze dell’incidente la deposizione del ferito è molto dissimile da quella offerta dai due colleghi che erano insieme a lui quel giorno. Entrambi hanno ricondotto l’accaduto a una “sfida” tra due operai: “L’incidente è avvenuto per colpa mia. Due colleghi volevano sfidarsi in una gara di velocità nel tagliare i pezzi di pollo, io ho preso cinque polli per ciascuno e li ho invitati a farlo” ha raccontato un altro ivoriano, ex caposquadra. Tutti sarebbero stati forniti di guanti di ferro, ma molti rifiutavano di indossarli: “Abbiamo avuto diversi problemi, perché i ragazzi dicevano che i guanti diventavano gelidi nel reparto frigo. Il responsabile della produzione insisteva perché li indossassimo ed era bollato come razzista per questo. Dopo un po’ aveva smesso di chiederlo”. L’ex addetto smentisce inoltre che in ditta sia mai stato impedito a qualcuno di andare in bagno o che la bollatrice venisse talvolta sigillata. Anche l’altro testimone, presunto coprotagonista della “gara”, conferma questa ricostruzione: “Ci siamo sfidati, il mio collega ha tolto i guanti in acciaio per essere più veloce nonostante glielo avessimo sconsigliato. Quel giorno ha rifiutato di andare in ospedale e ha continuato a lavorare, l’indomani non è venuto ed è rimasto a casa diversi giorni”.
Il 26 giugno prossimo il giudice ascolterà un altro teste e il consulente medico legale.