Nessun rinvio a giudizio, almeno per ora, a carico dei dodici gestori e dipendenti della cooperativa “per mano” onlus di Cuneo, accusati di maltrattamenti ai danni degli ospiti della struttura.
La decisione è stata presa dal gip Alberto Boetti che ha accolto l’eccezione presentata dall’avvocato Paolo Verra e condivisa dagli altri difensori. Troppo generica, secondo il giudice, la formulazione dei capi d’accusa presentati dalla Procura per motivare la richiesta. La struttura collocata in via Savona, provvista di centro diurno, casa famiglia e nucleo residenziale, lavora in convenzione con la Neuropsichiatria dell’Asl Cn1 ed è specializzata nel trattamento degli autistici e delle disabilità psichiche gravi.
Le indagini erano state avviate nell’ottobre del 2018 a partire da una segnalazione alla Guardia di Finanza. Dopo mesi di accertamenti da parte delle fiamme gialle, nell’aprile successivo i sostituti procuratori Chiara Canepa e Carla Longo avevano spiccato gli avvisi di garanzia a carico della direttrice e della coordinatrice del centro, insieme a dieci educatori, infermieri e operatori sociosanitari. Tutti accusati di maltrattamenti nei confronti di diciotto disabili ospitati dalla cooperativa. Agli indagati si contesta di aver sottoposto i pazienti autistici a ingiurie e trattamenti degradanti, con percosse, privazioni del cibo e permanenze punitive all’interno della cosiddetta “relax room”. Alcuni, sempre secondo la ricostruzione accusatoria, avrebbero percosso i ragazzi fino a cagionargli lesioni e li avrebbero talvolta abbandonati alle intemperie o all’incuria, rifiutando di aiutarli nella pulizia personale o di intervenire in occasione di litigi violenti o di atti autolesionistici. Alle due dirigenti della cooperativa, così come all’educatore e a uno degli oss, si contesta inoltre di aver somministrato psicofarmaci tranquillanti in violazione delle prescrizioni mediche e anche fornendo farmaci scaduti.
Accuse che le difese respingono in blocco, facendo notare come a fronte della gravità delle imputazioni la Procura non abbia formulato alcuna richiesta di misura cautelare contro gli indagati né altri provvedimenti interdittivi nei confronti della struttura, che non ha mai smesso di operare. Sebbene i presunti maltrattamenti abbraccino un arco di almeno cinque anni, nel capo d’imputazione non si menzionano episodi specifici contestualizzati nel tempo. Ora sarà il pubblico ministero a decidere se riformulare le accuse presentando una nuova richiesta di rinvio a giudizio o disporre l’archiviazione.