Cinquecento euro di multa è la sanzione imposta dal giudice Giovanni Mocci a un pregiudicato di origine torinese, 44enne, condannato per minacce telefoniche all’ex moglie.
L’imputato, separato da tempo dalla madre di sua figlia, era solito accordarsi per telefono con quest’ultima sulle uscite familiari: “Ero appena uscito dai domiciliari e volevo che mia figlia passasse un po’ di tempo con me” ha raccontato in aula, ricostruendo l’episodio che l’ha portato a processo. Sarebbe venuto anche a stabilirsi a Busca dal Torinese, proprio per essere più vicino alla bambina: “Doveva essere una sorpresa”. Durante la conversazione, però, sarebbe nata una discussione con la ex moglie fino a quando lei aveva attaccato il telefono: “Io ho richiamato e ha risposto di nuovo mia figlia, le ho chiesto di passarmi la mamma perché finissimo di parlare. In risposta ai suoi insulti ho detto cose che non avrei mai dovuto dire”.
Pur ammettendo di aver pronunciato la frase “spero che tu muoia come tua madre”, riferito alla sua ex, il 44enne ha negato di aver espresso minacce di alcun genere. In quel periodo, ha testimoniato un assistente sociale, l’uomo sarebbe stato “molto risentito per via dell’affido esclusivo della bambina alla mamma. Riteneva che la signora avesse approfittato del fatto che lui fosse soggetto a misura detentiva in quel momento”. Di quanto accaduto l’assistente afferma di aver parlato più volte con la bambina, sempre in presenza della mamma: “Era abbastanza restia a parlare di questo argomento, era evidente che non avesse piacere di tornare sulle domande”.
Per il pubblico ministero Annamaria Clemente “si tratta di una vicenda familiare alquanto triste e difficile: una minaccia grave, ma che ha alle spalle una situazione complessa”. L’accusa aveva chiesto per l’imputato la condanna a nove mesi, tenuto conto della recidiva reiterata e della presenza di un minore: “Ha dato giustificazioni alquanto grossolane al suo operato”. Di parere opposto l’avvocato Luisa Marabotto: “C’è stato un alterco tra adulti. Una volta chiusa la telefonata l’imputato ha richiamato, chiedendo alla bambina di passargli la mamma. Non c’era nessun interesse da parte sua a insultare la bambina, per cui lui stravede”. In ogni caso, ha precisato il legale, “non si ravvisa l’elemento della minaccia perché non c’era volontà di incutere timore: una settimana dopo la bambina è stata lasciata per un intero weekend con il papà”.