Nessuna circonvenzione d’incapace, ha stabilito il giudice al termine del processo contro A.L., originario di Verzuolo ma residente a Busca, che nel 2017 era stato denunciato da un cugino.
La vicenda risale al periodo in cui quest’ultimo, colpito da un ictus, era stato ricoverato prima a Caraglio e poi a Busca. Il suo congiunto A.L., pensionato 78enne, si era offerto di occuparsi per lui di tutte le spese e le questioni amministrative in sospeso. Senonché, secondo quanto affermato in seguito dal cugino, A.L. avrebbe cominciato a pretendere deleghe sempre più ampie nella gestione dei conti.
Il querelante affermava inoltre che l’imputato, approfittando della sua scarsa lucidità nei primi giorni di riabilitazione, lo avesse convinto con molte insistenze a modificare le disposizioni testamentarie a tutto favore suo e di sua figlia e a scapito degli altri parenti. Solo più tardi l’uomo avrebbe trovato la forza per allontanarlo e infine
denunciarlo per circonvenzione d’incapace.
Il sostituto procuratore Chiara Canepa contestava ad A.L. una serie di prelievi per circa 3800 euro complessivi dal bancomat del suo parente, non giustificati. Oltre a questo, il fatto che dal blocchetto degli assegni del cugino fossero stati emessi due assegni dall’importo di 3mila euro ciascuno, uno a favore dello stesso A.L. e l’altro in pagamento di consulenze legali non richieste dal diretto interessato. Infine, la faccenda dei testamenti: due scritture vergate a tre settimana di distanza l’una dall’altra, dove A.L. e la figlia sarebbero stati indicati come beneficiari unici, sebbene un testamento ‘ufficiale’ fosse già stato depositato in precedenza presso il notaio di famiglia. Da rilevare infine, secondo il pubblico ministero, che A.L. “si era proposto come amministratore di sostegno presso il tribunale civile, sebbene questa nomina non fosse mai stata sollecitata dal cugino. Il direttore della filiale bancaria presso cui quest’ultimo aveva intestato il proprio conto ha testimoniato le numerose insistenze e pressioni ricevute dall’imputato”.
Sulla ‘circonvenibilità’ della parte offesa si è soffermato a lungo l’avvocato Luca Martino, difensore dell’imputato, sostenendo che in tal senso non sia stata raggiunta alcuna prova certa: “Il cugino di A.L. non è mai stato affetto da patologie psichiatriche, né prima né dopo l’ictus. Tutti i testimoni del resto hanno parlato di un pieno recupero delle funzioni mentali, già durante il primo ricovero a Caraglio”. Tutte le spese sostenute, ha aggiunto l’avvocato Martino, erano state rendicontate al dettaglio da A.L.: “Il bancomat era stato fornito dal cugino perché potesse affrontare le spese della degenza, in pieno accordo con gli altri parenti. La sua gestione è stata oculata, tant’è vero che è in linea con gli esborsi che verranno documentati in seguito, quando ormai non era più A.L. a curare le finanze del suo congiunto”. Nessuna indebita pressione, infine, sarebbe stata esercitata riguardo ai due testamenti, dove peraltro “A.L. e la figlia non figuravano eredi unici, perché il firmatario aveva pensato alla suddivisione dei beni con i parenti della moglie”.
Per l’imputato, accusato anche di appropriazione indebita, la Procura aveva richiesto una condanna di tre anni e sei mesi. Il giudice Marcello Pisanu ha invece ritenuto di assolverlo con formula piena.