Si è celebrata stamani davanti al gup di Cuneo Cristiana Gaveglio l’udienza preliminare nel processo che vede imputato Francesco Borgheresi per l’omicidio della 44enne Mihaela Apostolides.
Nel pomeriggio del 22 maggio dello scorso anno Borgheresi, militare di origini fiorentine nato nel 1978, uccise a colpi di pistola nel parcheggio dell’Auchan di Cuneo la donna di cui si era invaghito. Originaria di Bucarest in Romania, la 44enne aveva vissuto a Cipro dove si era sposata e aveva avuto una figlia, prima di trasferirsi a Saluzzo: in provincia aveva lavorato in alcuni locali notturni e conosciuto Borgheresi che all’epoca era di stanza a Pinerolo. Al momento della morte lavorava saltuariamente al Fantasy di Borgo Gesso e viveva in un monolocale nello stesso stabile di via Savona, ma progettava di trasferirsi in un altro alloggio con la figlia che l’avrebbe raggiunta in Italia per studiare.
Nel passato del suo assassino è emersa
una vicenda travagliata di cui le cronache hanno trattato solo in anni recenti. Borgheresi è uno dei bimbi del Forteto, la comunità agricola fondata negli anni Settanta da
Rodolfo Fiesoli e finita al centro di uno dei più gravi scandali di pedofilia nella storia italiana. La sua stessa madre adottiva,
Daniela Tardani, è stata condannata in via definitiva a sei anni e quattro mesi per complicità negli abusi perpetrati dal fondatore e dai suoi collaboratori. Il padre “funzionale”
Luciano Barbagli, altro fedelissimo di Foffo Fiesoli, è deceduto solo pochi giorni fa: nella sentenza del processo al Forteto i giudici menzionano sia lui che la Tardani, sostenendo che il bambino
“veniva trattato malissimo e fatto oggetto di continui riferimenti all'incapacità educativa dei genitori naturali”.
Secondo Beatrice Rinaudo, legale del reo confesso, i traumi dell’infanzia avrebbero giocato un ruolo nel determinare quel raptus omicida. Per questo la difesa ha chiesto che il giudizio abbreviato venga subordinato alla perizia psichiatrica: “Non ci vogliamo trincerare dietro a chissà cosa, si tratta semplicemente di inquadrare in maniera corretta la personalità dell’assistito. Tutti i traumi subiti durante l’infanzia hanno chiaramente lasciato degli strascichi e la vicenda di cui si è reso purtroppo protagonista ha la sua radice nei fatti del Forteto”.
Sulla richiesta sono espressi in senso negativo sia il sostituto procuratore Alberto Braghin, titolare dell’inchiesta, sia l’avvocato Alberto Crosetto che assiste le due sorelle della vittima, costituitesi parti civili: “La richiesta della perizia psichiatrica - ha dichiarato Crosetto - è priva di fondamento perché implica l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di reato e ciò che accadde quando l’imputato era bambino. Sono trascorsi trent’anni e lui è comunque entrato nell’esercito e ci ha lavorato”.
Il gup si è riservata di decidere sulla questione. Allo scioglimento della riserva verrà comunicata anche la data della prossima udienza e della probabile conclusione del procedimento.