BOVES - Omicidio Nada Cella, dopo 27 anni c’è una richiesta di rinvio a giudizio

La Procura genovese accusa Annalucia Cecere per il delitto della segretaria di Chiavari: la donna si trasferì nella Granda pochi mesi dopo

Andrea Cascioli 20/12/2023 18:00

La Procura di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio per Annalucia Cecere, la donna accusata di avere ucciso Nada Cella il 6 maggio 1996, nello studio del commercialista Marco Soracco a Chiavari.
 
Dopo ventisette anni di indagini, chiuse e riaperte in più occasioni, gli inquirenti ritengono di essere venuti a capo del giallo di via Marsala, uno dei delitti irrisolti più noti degli ultimi decenni. Nada Cella, segretaria di 24 anni, venne massacrata con un oggetto contundente mai ritrovato, nell’ufficio in cui lavorava da anni. A trovarla agonizzante fu il suo principale, che abitava al piano di sopra. Soracco è stato il primo sospettato, ma le accuse contro di lui sono presto cadute: ora invece è chiamato a rispondere di false dichiarazioni al pm e favoreggiamento, insieme alla madre Marisa Bacchioni, ormai 91enne.
 
Contro Annalucia Cecere l’accusa formulata dal pubblico ministero Gabriella Dotto è di omicidio volontario, aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. Secondo la Procura la sospettata, che aveva allora 28 anni e lavorava come donna delle pulizie, avrebbe ucciso “per motivi di rancore e gelosia verso la vittima”, per via della posizione occupata da Nada all’interno dello studio di Soracco e perché invaghita di lui. Ma anche il commercialista, sostengono gli investigatori della squadra mobile, avrebbe mentito più volte. In particolare, avrebbe detto che quella mattina era sceso in studio solo qualche minuto dopo le nove e dieci, mentre risulterebbe “invece provato il suo accesso in studio prima delle 9 e la conoscenza della identità dell’autrice della aggressione”. Soracco ha sempre negato di aver nutrito interessi sentimentali sia verso la segretaria, sia nei confronti della Cecere che aveva frequentato in modo occasionale.
 
Quest’ultima, cresciuta in una famiglia difficile e affidata a un istituto di suore, era madre di un bambino avuto dalla relazione con un uomo molto più grande. Solo pochi mesi dopo il delitto avrebbe abbandonato Chiavari, trasferendosi nella Granda, dove ha completato gli studi e intrecciato una relazione con il suo attuale marito. Da allora ha lavorato per qualche tempo come maestra e ha condotto una vita appartata in una villetta alla Mellana, nel comune di Boves, dove risiede tuttora con la famiglia.
 
La riapertura del “cold case”, avvenuta nel 2021, si deve alla tenacia di una biologa universitaria barese, Antonella Delfino Pesce, appassionatasi alla vicenda mentre scriveva la sua tesi di master in criminologia. Partendo da una ricerca sui vecchi faldoni dell’inchiesta, risalenti al 1996, l’aspirante criminologa ha collegato una serie di indizi trascurati dagli inquirenti dell’epoca: su tutti il verbale di sequestro di cinque bottoni, trovati dai carabinieri in casa della Cecere. Sarebbero identici per foggia a quello che era stato rinvenuto nello studio di via Marsala, forse strappato da Nada in un disperato tentativo di difesa. Di una donna che nutriva un forte rancore nei confronti della 24enne, qualificata come Anna, aveva parlato anche la misteriosa autrice di una serie di telefonate che si susseguirono per mesi dopo il delitto: la “signorina”, come si definiva, aveva detto di averla vista quel mattino “tutta sporca” e sconvolta, mentre infilava qualcosa nel suo motorino, parcheggiato a pochi metri dallo studio di Soracco. Sullo scooter di Annalucia Cecere, come su altri oggetti repertati, sono stati eseguiti rilievi genetici dopo la riapertura delle indagini, senza tuttavia trovare tracce consistenti.

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