Dopo oltre un anno il genetista Emiliano Giardina ha depositato la sua consulenza sul cold case di Nada Cella, la segretaria massacrata nel maggio 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco dove lavorava. La notizia è stata confermata dall’Ansa sabato scorso. Nei prossimi giorni in Procura, dopo l’analisi della relazione medico legale, si deciderà come proseguire.
Due le possibilità: chiedere l’archiviazione del caso o il rinvio a giudizio di Annalucia Cecere, la donna oggi residente a Mellana di Boves sulla quale si sono concentrate le indagini due anni fa, dopo la riapertura del caso. Ciò è avvenuto su input della mamma di Nada, Silvana Smaniotto, assistita dal legale Sabrina Franzone e dalla criminologa Antonella Pesce Delfino, che aveva riletto tutte le carte delle indagini e aveva trovato nuovi spunti. Secondo la criminologa -
intervistata lo scorso anno dalla nostra testata - a uccidere la segretaria era stata Annalucia Cecere, ex insegnante ora 54enne, per gelosia: lei era innamorata di Soracco, voleva prendere il posto di Nada nello studio del professionista.
“Abbiamo fatto tutto quello era possibile - si limita a dire il genetista Giardina - ed esaminato una mole enorme di reperti. È stato un lavoro immane”. Cecere era già stata indagata subito dopo il delitto: in casa sua erano stati trovati cinque bottoni simili a quello trovato sotto il corpo di Nada. Una testimone l'aveva vista andare via con il suo motorino la mattina del delitto dalla strada dell'ufficio di Soracco. La Procura all'epoca aveva archiviato la sua posizione dopo due settimane.
Dopo la riapertura, il sostituto procuratore Gabriella Dotto, insieme agli investigatori della Squadra Mobile, ha interrogato diverse persone che all'epoca potevano sapere e riascoltato vecchie registrazioni. Oltre alla Cecere, con la riapertura del caso, erano stati indagati anche Soracco e sua madre per false dichiarazioni al pubblico ministero. Adesso in Procura si susseguiranno una serie di riunioni per capire se gli elementi raccolti, anche in base alla riforma Cartabia, siano sufficienti per sostenere un processo.