C’era di sicuro una donna nello studio di Marco Soracco a Chiavari, la mattina in cui Nada Cella venne picchiata a morte con un oggetto contundente mai ritrovato.
Originaria di Alpepiana nel comune di Rezzoaglio, un paesino dell’entroterra genovese, Nada aveva 24 anni e lavorava come segretaria in quello studio commercialistico. Da quel 6 maggio 1996 il
“delitto di via Marsala” è diventato uno dei casi irrisolti della cronaca nera. Solo quest’anno la Procura di Genova ha riaperto il fascicolo sulla base dei nuovi elementi acquisiti dalla criminologa Antonella Delfino Pesce e dall’avvocato della famiglia Cella, Sabrina Franzone. Gli inquirenti pensano a un omicidio dettato dalla gelosia e hanno un’indagata: Annalucia Cecere, all’epoca una conoscente 28enne di
Marco Soracco, con il quale forse avrebbe voluto intrecciare una relazione sentimentale. Oggi la Cecere è una madre di famiglia che conduce vita riservatissima a Boves, nella frazione Mellana.
La polizia è in attesa dei
riscontri sul motorino sequestrato nel suo garage e analizzato in Questura a Cuneo: potrebbe essere lì la chiave per comprendere se davvero l’ex maestra di 53 anni ha qualcosa a che fare con quell’omicidio, vecchio di un quarto di secolo. Lo scooter è lo stesso che la Cecere guidava nel 1996 ed è un elemento chiave nel puzzle investigativo. Perché ci sono almeno due presunti testimoni, anonimi, che avevano parlato a breve distanza dai fatti di una persona in motorino. Una è la
“signorina” dell’ormai famosa
telefonata del 9 agosto 1996, il cui audio è stato diffuso dagli inquirenti nella speranza di rintracciare la chiamante. Si tratta di una donna - verosimilmente già avanti con gli anni - che aveva menzionato
Annalucia Cecere, sua conoscente, collegandola al delitto:
“L’ho vista che era sporca. Ha infilato tutto nel motorino, io l’ho salutata e non mi ha guardata”. L’altro è un uomo, autore di una chiamata al 113 il mattino dell’aggressione. Parla di una persona con
“una giacca color senape” avvistata in via Marsala, a bordo di un motorino nero.
Via Marsala è una strada a senso unico stretta tra due perpendicolari, a nord via Entella e a sud corso Dante. I veicoli possono accedere solo attraverso via Entella ed è appunto da lì che la “signorina” dice di essere passata in auto, mentre tornava a Chiavari dalla vicina Carasco. Lei parla di Annalucia e del suo motorino, sostenendo di averla incrociata in orario compatibile col delitto. Altri due testimoni, madre e figlio, descrivono invece una generica ragazza di età apparente tra i 23 e i 29 anni, dalla corporatura robusta, alta circa 1,70 metri e con i capelli neri mossi sopra le spalle, spettinati. La vedono, anche loro tra le nove e le nove e un quarto, in piazza Cavour, cioè la piazza a cui si arriva svoltando da via Marsala su corso Dante: meno di un paio di minuti a piedi dal civico 14, quello in cui ha sede lo studio Soracco.
L’orario è quello in cui l’assassino - o l’assassina - avrebbe potuto trovarsi in zona, perché intorno alle 9 una vicina sente provenire dall’ufficio al secondo piano un tonfo e il rumore di un oggetto sbattuto più volte sul pavimento. Pochi istanti dopo, la stessa vicina sente qualcuno uscire di corsa sulle scale e lasciare il palazzo. La ragazza cattura l’attenzione dei due passanti per un motivo preciso: ha una mano insanguinata, la destra, coperta da una fasciatura. Sia la madre che il figlio avevano fornito l’identikit di quella giovane, ma non avevano riconosciuto nessuna delle foto mostrate dai poliziotti. L’uomo si chiama Rosario ed è stato rintracciato dagli inviati di Chi l’ha visto? Giuseppe Pizzo e Francesca Carli. A distanza di tanto tempo ricorda ancora il particolare della ferita alla mano e l’atteggiamento “un po’ sospetto” di quella sconosciuta, ma non ha alcuna memoria del suo abbigliamento o di altri dettagli fisici. Tranne uno: “Aveva i capelli neri”.
La donna coi capelli neri arruffati, spiega il signor Rosario ai microfoni di Rai 3, era passata davanti alla farmacia dei Frati di piazza Cavour, cioè sul lato della piazza più vicino a via Marsala. C’è però una stranezza: se la passante con la mano fasciata fosse la stessa che la “signorina” aveva avvistato di fianco al motorino, all’angolo con via Entella, e che anche l’altro sconosciuto autore della telefonata aveva visto in via Marsala, perché si sarebbe poi allontanata a piedi anziché in scooter, per giunta dopo aver infilato qualcosa nel vano portaoggetti? C’è da tener presente, a questo proposito, che Annalucia Cecere abitava a novanta metri di distanza dal palazzo di Soracco: in corso Dante 57, nella direzione opposta rispetto a piazza Cavour. Un minuto a piedi dal civico 14 di via Marsala, due dalla farmacia dei Frati.
Un’altra questione non chiarita riguarda le telefonate senza risposta nello studio di Soracco. Una cliente del commercialista chiama per quattro volte nei minuti cruciali. La prima volta verso le 8,40-8,45: Nada è in ufficio già dalle 7,51, come risulta dai dati del computer, ma non risponde. Poco dopo le 9 la cliente riprova e questa volta le risponde una donna con voce agitata: le dice che il numero è sbagliato, quello non è lo studio Soracco. Ma la signora è sicura e ricompone il numero, ricevendo la stessa risposta. Parla però di una voce femminile “non giovane”, quindi in apparenza non compatibile con quella di una sospettata che all’epoca aveva 28 anni. Si tratta forse della madre di Soracco, l’allora 64enne Marisa Bacchioni, che abita al piano di sopra? Se così fosse, significherebbe che il datore di lavoro non è stato il primo a trovare la segretaria agonizzante. Fatto sta che solo al quarto tentativo, ad alcuni minuti di distanza, la cliente riuscirà finalmente a ricevere risposta da Marco Soracco. Le chiede di richiamare in un altro momento, così come farà con un’altra persona, perché la sua segretaria “è caduta”. Perfino i soccorritori dell’ambulanza, infatti, avevano pensato in un primo tempo a un incidente.