BOVES - Omicidio Nada Cella, spunta un’altra telefonata: “Ho visto una donna con una giacca color senape”

Anche un uomo telefonò alla polizia il 6 maggio 1996, parlando del motorino avvistato sul luogo del delitto. È davvero quello sequestrato ad Annalucia Cecere?

Andrea Cascioli 04/12/2021 17:30

Sono le 12,45 del 6 maggio 1996. Al centralino del 113 arriva una chiamata da uomo di Chiavari. Non si qualifica, dice soltanto “ho visto fuggire un motorino nero da via Marsala verso le nove, nove e trenta” e parla di una donna “con una giacca senape”.
 
Al numero 14 di via Marsala, secondo piano, c’è lo studio del commercialista Marco Soracco. In quel luogo è stata brutalmente assalita quella stessa mattina la 24enne segretaria. Si chiama Nada Cella, morirà in ospedale nel primo pomeriggio. A ritrovarla in preda alle convulsioni, con gli occhi spalancati e il sangue che usciva dalla bocca e dalle varie ferite inferte con un oggetto contundente (mai ritrovato), era stato lo stesso Soracco, qualche minuto dopo le nove del mattino.
 
Ecco perché quella telefonata, di cui ha parlato il programma televisivo Chi l’ha visto? nell’ultima puntata, è tanto importante per gli inquirenti che a distanza di venticinque anni hanno riaperto un caso ormai freddo. Questa volta c’è anche una sospettata: Annalucia Cecere, all’epoca 28enne addetta alle pulizie di uno studio dentistico chiavarese, con un figlio di cinque anni avuto da un compagno molto più vecchio, oggi residente a Mellana di Boves, sposata e madre di un secondo figlio nato da questa unione. Gli inquirenti hanno sequestrato il suo motorino e l’hanno sottoposto ad accurati esami: è lo stesso che guidava nel 1996, ma è ancora troppo presto per sapere se su quello scooter ci siano tracce organiche che potrebbero collegare la Cecere al delitto della giovane segretaria.
 
Un collegamento di certo esiste con Marco Soracco, che la donna aveva conosciuto in quel periodo e col quale - secondo una vicina - avrebbe voluto intraprendere una relazione. Nada, sempre secondo questa testimone, sarebbe stata vista come “un ostacolo” ai suoi propositi, sebbene in realtà la ragazza - lo dimostrano i suoi diari - non nutrisse il minimo interesse sentimentale nei confronti del datore di lavoro. A parlare della Cecere come possibile responsabile del delitto è anche l’anonima “signorina” che telefona il 9 agosto a casa Soracco. Le risponde la madre del commercialista, la professoressa Marisa Bacchioni: “L’ho vista che era sporca. Ha infilato tutto nel motorino, io l’ho salutata e non mi ha guardata” dice la signora, forse una donna di una certa età, che precisa anche di non essere stata la sola a notarla (“Le altre stanno tutte zitte ma eravamo diverse. Eravamo in cinque”).
 
Nelle deposizioni un’altra testimone descrive la misteriosa figura femminile con dovizia di particolari: età apparente tra i 23 e i 29 anni, corporatura robusta, alta circa 1,70 metri, capelli neri mossi sopra le spalle e spettinata. “Vestiva una gonna lunga con spacco, di colore nero, una maglia di colore scuro con fiorellini di colore rosa scuro, nonché un gilet scuro chiuso sul davanti con bottoni” si legge nei verbali di polizia, compilati all’epoca con la macchina da scrivere. Un particolare ancora più importante è che questa giovane “teneva sollevata la propria mano destra, visibilmente sporca di sangue sul palmo, guardandosi di continuo intorno”. Circostanza che l’autrice della deposizione diceva di aver fatto notare anche a suo figlio: “A riguardo, ricordo che era sangue asciutto, non colante. Inoltre, sul dorso della stessa mano si intravedeva qualcosa come un cerotto o una fasciatura”.
 
La Cecere era stata indagata solo per alcuni giorni, prima di uscire di scena e trasferirsi nel Cuneese pochi mesi dopo. A quei tempi però il principale sospettato restava Soracco, al quale il 29 maggio un giornalista de La Stampa aveva chiesto al telefono se sapesse qualcosa di un avviso di garanzia emesso nei confronti di “una ragazza madre”. Soracco aveva smentito, negando anche di aver mai avuto una relazione con questa donna, ma pochi minuti dopo aveva chiamato il suo avvocato per chiedere delucidazioni. Della vicenda il commercialista torna a parlare due giorni dopo con un’amica, dicendo che non capiva come quella sua conoscente occasionale fosse entrata nel novero dei sospettati. È lo stesso giorno in cui riceve la telefonata di una donna che si qualifica come Anna e che per qualche motivo ritiene necessario chiarire che non vuole legami con lui: “Sono Anna, io non sono innamorata di te. Anzi, mi fai proprio schifo”.
 
La sera del 5 giugno, a una zia di Roma che gli domanda chi sia “la ragazza sposata e con un bambino” di cui ha letto sui giornali, Soracco risponde che “è la ragazza di uno che conosce”, ma non c’entra nulla. Anche la madre, però, parlando dell’inchiesta con una conoscente dice che a uccidere Nada potrebbe essere stata “una donna gelosa”, di cui le amiche dovrebbero sapere qualcosa. La Bacchioni in quel periodo viene chiamata più volte al telefono da religiose di Chiavari. Il 19 luglio, dice a una conoscente che il figlio deve vedere “quella signora”: la stessa interlocutrice richiama poche ore dopo e risponde Soracco, al quale viene riferito che potrà vederla la domenica successiva, perché a casa sua ci sarà “un’apparizione”.
 
Si arriva al 9 agosto, il giorno in cui telefona l’anonima “signorina” e la Bacchioni avverte il commissariato. Il 14 ottobre, infine, la professoressa dice di aver saputo che una donna si sarebbe accusata del delitto di Nada, durante una confessione con il prete della chiesa delle Saline. Anche su ciò che potrebbero sapere i religiosi chiavaresi di allora si sta indagando, così come sull’eventualità che la “signorina” della telefonata potesse essere una suora o comunque una persona legata alla Chiesa.

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