Pronti, partenza, stop. Il filone torinese del processo Tenda Bis si è aperto stamane nel palazzo di giustizia del capoluogo regionale. Ma la calendarizzazione non fa sperare in nulla di buono.
La prossima udienza infatti è stata fissata tra poco più di un anno, al 9 febbraio 2023. Questioni legate all’algoritmo in uso nel tribunale di Torino, parrebbe. Sta di fatto che le possibilità di arrivare a una sentenza definitiva prima della prescrizione sono ridotte al lumicino: la “mannaia” cadrà nel 2024 e quella che si prospetta per il pm e gli avvocati delle parti civili è una disperata corsa contro il tempo.
Già oggi si arrivava da un rinvio risalente al novembre scorso, quando l’udienza preliminare era saltata per un difetto di notifica a un imputato. Stamane sono state depositate le costituzioni di parte civile del Comune di Limone Piemonte (difeso dall’avvocato Emiliano Riba), dell’Anas (che è anche uno dei responsabili civili ed è rappresentato dall’avvocato Giulio Calosso), del ministero dei Trasporti e della presidenza del Consiglio dei ministri (difesi dall’avvocatura dello Stato). Non erano presenti invece i legali della Provincia di Cuneo e della Repubblica francese, due parti offese che potrebbero decidere di sfilarsi.
Le imputazioni per cui sono a giudizio quindici imputati (
cinque di loro sono già stati giudicati per altri reati a Cuneo) comprendono la truffa aggravata, la frode nelle pubbliche forniture, il falso ideologico e l’attentato alla sicurezza dei trasporti. Sono le accuse più pesanti tra quelle scaturite dalle indagini della Guardia di Finanza, protagonista del blitz del 24 maggio 2017 con il sequestro del “cantiere infinito”. Sedici i rinvii a giudizio che erano stati chiesti dall’allora procuratore capo Francesca Nanni e dal sostituto Chiara Canepa, poi divenuti quindici dopo il decesso dell’ex direttore dei lavori dell’Anas, Vincenzo d’Amico.
Il processo torinese nasce dallo sdoppiamento del capo d’imputazione originario. Accogliendo le eccezioni preliminari presentate dalle difese, nell’aprile dello scorso anno il giudice Sandro Cavallo aveva sancito l’incompetenza territoriale di Cuneo per le principali imputazioni. Il nocciolo della questione riguarda i documenti che certificavano lo stato di avanzamento dei lavori (SAL): per le difese la competenza territoriale andava assegnata a Torino dal momento che la documentazione era stata prodotta nel capoluogo regionale e depositata presso la sede dell’area compartimentale dell’Anas. Il procuratore Onelio Dodero, contestando la falsità degli atti, riteneva invece che fossero stati compilati nel cantiere di Limone e che pertanto la giurisdizione fosse quella di Cuneo.
Nella Granda intanto si è chiuso il 13 gennaio il processo di primo grado per i furti nel cantiere, la detenzione di materiale esplosivo e i reati ambientali. Tutti e cinque gli imputati sono stati condannati a pene comprese fra tre e quattro anni.
All’amministrazione comunale di Limone è stata riconosciuta una provvisionale di centomila euro, immediatamente esecutiva. Ciò significa che il Comune non dovrà aspettare i tre gradi di giudizio (il ricorso in appello delle difese appare scontato) per ottenere quanto gli spetta. Una valutazione più approfondita dovrà essere invece avviata per decidere se intraprendere una causa civile per gli ulteriori danni: la Grandi Lavori Fincosit spa, ovvero l’azienda che gestiva il cantiere attraverso la società Galleria di Tenda scarl, è in concordato preventivo. Potrebbe quindi non essere in condizione di risarcire il Comune anche se il giudice civile quantificasse il danno.