CUNEO - Permessi di soggiorno “facili” a Cuneo: condannato un maghrebino

Ben cinque stranieri risultavano domiciliati nell’alloggio dell’imputato, operaio alla Michelin. A processo per favoreggiamento è finito anche un suo collega italiano

a.c. 13/01/2022 19:42

Ad insospettire gli agenti della Questura di Cuneo era stato il “sovraffollamento” registrato nell’abitazione di un immigrato marocchino, residente in un condominio del quartiere Donatello. Dalle pratiche presentate per il rilascio dei permessi di soggiorno, risultava che presso l’alloggio di A.M. risiedessero cinque soggetti stranieri oltre alle quattro persone che componevano il nucleo familiare originario.
 
I consumi energetici, tuttavia, non erano tali da far supporre un tale afflusso di ospiti stabili. L’amministratore, inoltre, confermava di non aver notato movimenti attorno a quell’alloggio, circostanza poi evidenziata dagli appostamenti. Dopo la perquisizione nel luglio del 2016 a finire nei guai è stato il capofamiglia, un marocchino da oltre vent’anni residente in città e operaio alla Michelin. A suo carico sono state formulate accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso ideologico.
 
“L’indagine è stata molto complessa - ha spiegato in aula il commissario Dario Silvestro - ed è emerso che il numero di telefono in uso all’imputato e a sua moglie era indicato anche da altri soggetti in varie pratiche presentate all’Agenzia delle Entrate e ad altri enti pubblici”. Nell’appartamento in corso De Gasperi gli agenti avevano sequestrato una mole ingente di documentazione cartacea, relativa ai cinque immigrati già individuati in precedenza e ad altri ancora, di cui non si era avuta notizia fino a quel momento.
 
Si ipotizzava che gli immigrati presentassero false documentazioni per ottenere il permesso di soggiorno, come è in effetti accaduto: tutti e cinque quelli indicati come soggiornanti presso A.M., in seguito, hanno ottenuto un titolo regolare di permanenza. Nella sua attività illecita di “facilitatore” delle pratiche, l’operaio si sarebbe giovato del ruolo di vicepresidente dell’associazione culturale marocchina Sviluppo e Speranza, che si occupa di assistere i maghrebini della Granda.
 
Ad accrescere i sospetti che dietro a tutto questo si celasse uno scambio di denaro aveva contribuito il ritrovamento di un bollettino da 380 euro inviato dalla Francia ad A.M.: quest’ultimo, nel corso della perquisizione, avrebbe fatto allontanare da casa i figli con lo scopo di liberarsi del foglietto, ritrovato dagli uomini della Questura in un cespuglio poco lontano dal palazzo. Nei successivi accertamenti era emerso inoltre il nome di A. L. C., un collega di lavoro italiano di A.M. che si sarebbe prestato come complice. Risultava infatti che A. L. C. avesse assunto come collaboratori domestici, nell’arco di sette o otto anni, diversi individui che figuravano domiciliati in casa del collega marocchino. L’italiano, la cui posizione è stata stralciata, è stato condannato a sei mesi in un altro procedimento.
 
Quello a carico di A.M. invece si è concluso stamane con un verdetto di colpevolezza per due specifiche contestazioni. L'operaio è stato condannato a un anno di reclusione, venendo invece assolto dai restanti capi d’imputazione.

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