A scatenare l’ira di A.G. sarebbe stato un camper parcheggiato male: almeno secondo l’uomo che l’ha querelato, un suo vicino di casa, proprietario di un alloggio all’ingresso dell’abitato di Demonte.
L’aggressione risale al 14 agosto 2017, quando il camperista si era recato in valle Stura insieme alla moglie per una gita. Dopo aver parcheggiato il veicolo, l’uomo era tornato indietro da solo a recuperare il suo telefono cellulare: qui riferiva di aver trovato ad attenderlo A.G., con il quale da anni i rapporti erano pessimi a causa di precedenti controversie condominiali.
“Mi è arrivato addosso tirandomi due pugni, e nell’atto di schivarli sono finito a terra. A quel punto mi ha colpito con una gragnuola di calci” aveva raccontato in aula la parte offesa, costituitasi in giudizio con l’avvocato Alessandro Bongioanni. La moglie, sopraggiunta qualche attimo dopo, aveva confermato di averlo visto insanguinato e dolorante.
Nella deposizione resa stamani di fronte al giudice l’imputato ha negato gli addebiti, sostenendo che il vicino - il quale in quel periodo camminava sulle stampelle perché reduce da un’operazione - sarebbe inciampato da solo. L’accusatore ritiene invece che il pestaggio da lui subito fosse una “punizione” per aver parcheggiato il camper su un terreno che A.G. riteneva di sua pertinenza e in maniera tale da ostruire il passaggio di altri veicoli. Nel referto ospedaliero, alla vittima della presunta aggressione erano stati riconosciuti venti giorni di prognosi, poi prolungati dal medico di famiglia.
Per A.G. il pubblico ministero Raffaele Delpui ha chiesto la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione, ritenendo la versione dell’offeso compatibile con i riscontri medici e con quanto riferito dalla moglie e dai carabinieri di Pietraporzio intervenuti nell’immediatezza dei fatti. La parte civile ha bollato come illogica l’ipotesi che a provocare danni di quel tipo potesse essere una semplice caduta. Ipotesi che ha invece sostenuto, sulla scorta di una perizia di parte firmata dal dottor Lorenzo Varetto, l’avvocato difensore Antonio Vetrone, che ha chiesto l’assoluzione.
Il giudice Giovanni Mocci, all’esito dell’istruttoria, ha condannato l’imputato a sei mesi di reclusione e a rifondere alla parte civile la somma di 2mila euro per danni.