Sei anni di accuse e inchieste giudiziarie, in mezzo sei mesi di arresti domiciliari, conclusi venerdì scorso dalla sentenza della Cassazione: Arnaldo Giavelli, ex sindaco di Argentera, è stato assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di peculato, mentre per la turbativa d’asta è subentrata la prescrizione del reato.
La vicenda si protraeva dal maggio del 2016, quando gli accertamenti a carico della ditta Massano srl di Montanera avevano fatto scattare le manette ai polsi dell’allora primo cittadino nel piccolo comune della valle Stura. L’operazione “Valle pulita” della Guardia di Finanza prendeva le mosse dal ritrovamento di un foglietto negli uffici dell’azienda di Giuseppe Massano, che si riteneva essere stato scritto dalla moglie di Giavelli, Elisa Degioanni. Il sospetto era che Giavelli si fosse avvalso della collaborazione dell’imprenditore per alterare le modalità di partecipazione e la percentuale di ribasso in alcune gare d’appalto comunali, in modo da favorire la ditta Alpi costruzioni srl di Vinadio, amministrata da sua moglie e dal suocero Sergio Degioanni. Nell’inchiesta era entrata anche un’altra imprenditrice, Fernanda Comba della Coedil di Moiola, accusata di aver costituito con i Degioanni un’associazione temporanea d’imprese finalizzata ad aggirare eventuali incompatibilità.
Gli appalti riguardavano una serie di lavori per 783mila euro finanziati con i fondi del programma “Seimila campanili”, più altri 86mila euro relativi al restauro del municipio di Argentera. Oltre a questo, contro l’amministratore pendeva un’accusa di peculato relativa a prelievi di gasolio per la sua auto e una di falso e abuso d’ufficio riguardante la mancata realizzazione di una pista di downhill, più ulteriori ipotesi di abuso d’ufficio connesse alla gestione della biglietteria degli impianti sciistici da parte della sorella e all’appalto per lo sgombero della neve di cui si occupava la ditta del cognato del sindaco. Giavelli, dimessosi il 30 novembre successivo dalla carica che aveva ricoperto dal 1999 al 2009 e di nuovo dal 2014 in avanti, era stato assolto in primo grado dalle accuse di turbativa d’asta e peculato e condannato per una sola ipotesi di abuso d’ufficio, quella relativa alla pista di downhill. I giudici della Corte d’Appello di Torino lo scorso novembre avevano ribaltato la sentenza, condannando l’ex sindaco per peculato e turbativa d’asta a tre anni e quattro mesi e la moglie a un anno per la sola turbativa d’asta, ma assolvendoli dall’abuso d’ufficio.
Ora il pronunciamento della Cassazione, accolto con favore dall’avvocato Paolo Botasso che difendeva insieme al collega Paolo Scaparone il principale imputato: “Una vicenda dolorosa e lunga, dal punto di vista giudiziario ci soddisfa molto l’eliminazione dell’accusa più infamante che era quella di peculato. La turbativa d’asta era un’ipotesi marginale, anche perché non si è mai adombrata un’ingerenza tale da modificare l’iter della gara e dei lavori”. “Non affermiamo che la prescrizione equivalga all’assoluzione, - ha aggiunto il difensore - ma se la Cassazione avesse ritenuto inammissibili i motivi di appello avrebbe potuto confermare la sentenza, senza dichiarare la prescrizione: bisognerà comunque attendere il deposito delle motivazioni per capire quali siano state le conclusioni dei giudici”. Analoghe le conclusioni dell’avvocato Stefano Campanello, che insieme a Paolo Adriano ha condotto la difesa di Elisa Degiovanni: “Esito ampiamente soddisfacente, anche perché la parallela assoluzione di Giavelli dal peculato dimostra che la Cassazione ha maturato un’opinione del tutto diversa da quella dei giudici di Appello. La sentenza si avvicina a quella pronunciata dai giudici di primo grado e conferma la validità delle ragioni difensive”.
Gli unici condannati nella vicenda restano l’imprenditore Massano, che aveva patteggiato dieci mesi convertiti in una multa da 75mila euro, e l’ex segretario comunale Rodolfo Ettorre, divenuto il grande accusatore del sindaco dopo avere a sua volta patteggiato quattro mesi per turbativa d’asta. Al Comune di Argentera, che si era costituito parte civile contro l’ex primo cittadino con l’avvocato Gabriella Turco, andrà comunque un risarcimento, da quantificare in sede civile: al terremoto giudiziario del 2016 era seguito l’anno successivo il default dell’amministrazione comunale, con un debito di 835mila euro (10.700 euro pro capite, suddividendolo per gli appena 78 residenti). Resta ancora in piedi, per il solo Giavelli, l’accusa di falso relativa alla vicenda della pista di downhill, scaturita da un procedimento autonomo e poi accorpato. La questione tornerà alla Corte d’Appello.