CUNEO - Quattro anni a una nomade di Cerialdo per il furto di una stufa

La donna, pluripregiudicata, aveva attirato ‘in trappola’ chi doveva consegnarle l’articolo ordinato online, dileguandosi con la merce non pagata

a.c. 07/11/2019 20:04

 
Tutto era cominciato nel dicembre 2017 con una normale compravendita sul popolare portale di acquisti online Subito.it: un inserzionista di Cuneo proponeva la vendita di una stufa ed era stato contattato al telefono da una donna, con cui aveva concordato di trasportare l’oggetto in un garage di via Alessi, nella frazione di Cerialdo.
 
Qui il venditore si era recato con il suo furgoncino, insieme al figlio e a un trasportatore. La donna che aveva risposto all’annuncio li aveva invitati a seguirla per ricevere quanto pattuito, ma poco dopo si era dileguata mentre i suoi ignari complici scaricavano la stufa (mai più ritrovata).
 
Dalle fotografie mostrate in Questura, il derubato e i suoi accompagnatori avevano riconosciuto la misteriosa ladra nella persona di R.I., cittadina italiana e residente nel campo nomadi che dista poche centinaia di metri dal luogo del furto. La stessa è risultata essere l’intestataria di uno dei due numeri di cellulare che sono stati utilizzati per combinare l’’affare’.
 
Per il pubblico ministero Alessandro Borgotallo, che ha contestato il furto aggravato in concorso, si è trattato di “un piano ben orchestrato e realizzato in maniera perfetta”: per non destare sospetti, la nomade aveva evitato di rivelare il suo domicilio e aveva chiesto di attenderla mentre andava a prendere i soldi a casa. In aula ha giustificato l’uso del suo telefonino come esca per il piano criminale con il fatto che in quel periodo soffriva di gravi disturbi psicologici e le capitava spesso di dimenticarlo in giro.
 
“Il fatto si è svolto in poco tempo, in un luogo molto buio” ha obiettato l’avvocato Giulia Dadone, contestando gli esiti del riconoscimento fotografico. Con il pubblico ministero sono volate scintille in sede di discussione, perché il difensore ha criticato con durezza la scelta del rappresentante della Procura di chiedere la condanna per un’imputazione più grave rispetto alla semplice truffa.
 
La severa richiesta dell’accusa, giustificata dai numerosi precedenti penali specifici dell’imputata, è comunque stata accolta in pieno dal giudice Francesco Barbaro, che ha condannato R.I. a quattro anni e due mesi di carcere e a 2mila euro di ammenda.

Notizie interessanti:

Vedi altro