Sono passati tre anni da quando ha subito l’uretrostomia e non è più riuscito ad avere un rapporto sessuale. Per questo l’ex paziente, oggi 54enne, ha denunciato il medico dell’ospedale Santa Croce che nell’ottobre 2017 lo aveva operato a Cuneo.
In aula ha ricostruito la sua odissea, cominciata in realtà ben prima degli eventi per cui il noto specialista, assistito dall’avvocato Vittorio Sommacal, si trova ora a processo. L’uomo soffriva di una patologia congenita, l’ipospadia, che fin da bambino l’aveva portato a subire ripetuti interventi chirurgici. In anni più recenti il quadro si era complicato a causa delle frequenti infezioni cui aveva cominciato ad essere soggetto. Tramite una sua conoscente, infermiera in urologia, si era messo in contatto con alcuni urologi che l’avevano infine indirizzato all’attuale imputato: “Quando ci siamo visti non mi ha visitato, disse di avere già chiara la situazione. Il mio era un problema di stenosi uretrale e andava risolto con un’uretrostomia perineale definitiva”. Il medico, ha sottolineato il querelante, non avrebbe mai parlato della necessità di installare una protesi al pene: “Mi spiegò che se fossero sorte compromissioni dei corpi cavernosi durante l’operazione si sarebbe pensato a una protesi sessuale, di cui fornì la descrizione. Ma era un’eventualità futura”.
Le cose, tuttavia, erano andate diversamente. Al risveglio dall’operazione, l’uomo aveva avvertito una presenza invasiva: “Mia moglie mi fece presente che forse mi era stata inserita la protesi. Aspettai invano che l’urologo venisse a visitarmi, ma lo rividi solo quattro giorni dopo. In quell’occasione mi disse soltanto ‘ti ho messo la protesi altrimenti non ti tirava più’ e se ne andò via senza ascoltare le mie rimostranze”. I successivi tentativi di attivare la protesi si sarebbero comunque rivelati inutili: “Era dolorosissimo, non sono mai riuscito ad avere rapporti con mia moglie. Ma non potevo nemmeno camminare o sedermi senza provare dolore, tanto che smisi di andare in moto e in bici. Quando lo feci presente al dottore, durante una visita, mi rispose che poteva togliermi la protesi, ma dopo mi sarei dovuto arrangiare”. In quell’occasione, ha riferito il teste, l’urologo avrebbe anche provato a suggerire un’alternativa per lui inaccettabile: “Mi chiese ‘ma tu soldini ne hai?’ e disse che avrebbe potuto mandarmi da un luminare croato, suo amico, che era in grado di fare ‘cose che noi ci sogniamo’. Risposi che se non voleva fare l’intervento mi sarei rivolto ad altri, e certo non a qualcuno che coprisse i suoi danni”.
Rispondendo alle domande del procuratore capo Onelio Dodero e dell’avvocato di parte civile Federica Beltramo, il 54enne ha precisato di non aver mai acconsentito all’installazione della protesi, sebbene risulti agli atti un documento da lui firmato: “Quella riportata sul foglio non è la mia firma. Sul modulo di consenso che ho firmato si parlava solo di uretrostomia, non di protesi, altrimenti avrei chiesto spiegazioni”. Per rimuovere la protesi, pochi mesi dopo, l’uomo si era rivolto a un altro urologo. Da allora non ha più accusato dolore ma ha perso la funzionalità erettile, cosa che in precedenza non era mai accaduta.
La moglie ha confermato la versione dei fatti offerta dall’autore della denuncia, precisando di aver incontrato il dottore solo durante una visita post-operatoria: “Quando mio marito gli fece presente che i dolori continuavano replicò con sufficienza ‘prima manco ti si rizzava’. Io mi risentii e gli risposi che non aveva mai avuto questi problemi”. In seguito all’operazione, invece, nulla è stato più come prima: “Avevamo una vita sessuale attiva nonostante le difficoltà urologiche di mio marito. Ora non dormiamo nemmeno assieme”.
Il processo è stato rinviato al 9 ottobre per ascoltare altri testimoni dell'accusa.