“Ho fatto una cavolata, ti prego non chiamare i carabinieri”: queste le parole che un 33enne di nazionalità albanese, residente a Santa Croce di Cervasca, si era sentito rivolgere da S.C., il giovane pregiudicato italiano che lui stesso aveva rincorso per quasi un chilometro dopo averlo sorpreso sulla scena di un furto.
Tutto era avvenuto poco prima nei pressi della sua abitazione, ha ricordato il testimone di fronte al giudice: i suoi suoceri erano venuti a trovarlo a casa, parcheggiando l’auto nelle immediate vicinanze. Questione di cinque minuti, tanto quanto era bastato a S.C. per sfondare con un sasso il lunotto posteriore del veicolo e afferrare una borsa da donna. All’avvicinarsi dell’uomo, insospettito dai rumori, il ladro aveva anche tentato di nascondersi dietro all’auto: “L’ho sorpreso sdraiato a terra, quando mi ha visto si è alzato ed è scappato”. A quel punto era cominciato l’inseguimento, protrattosi per una ventina di minuti per le strade delle campagne vicine prima che S.C. si decidesse a fermarsi.
Il suo inseguitore ha anche ammesso di essere stato impietosito dalla supplica del giovane, poco più che maggiorenne: “Conosco la sorella, so che la famiglia abita in zona e ha difficoltà economiche. Se fosse stato per me non lo avrei nemmeno denunciato”. Al processo si è comunque arrivati e il pubblico ministero Rosa Alba Mollo ha chiesto per l’imputato la condanna a un anno di reclusione e 450 euro di multa. L’avvocato della difesa, Enrico Gallo, ha sostenuto che sull’identificazione sussistessero dubbi e ha aggiunto: “È notoria la condizione di difficoltà della famiglia e deve essere apprezzato il fatto che il ragazzo non abbia espresso intenzioni violente e abbia chiesto scusa per quanto ha fatto”.
Il giudice Marcello Pisanu lo ha condannato a otto mesi di reclusione e 200 euro di multa, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.