Nessun furto negli uffici della parrocchia di Gesù Lavoratore a Borgo San Dalmazzo, assicurava l’accusato: “Quel giorno sono entrato solo per usare il bagno. Non potevo andare al bar perché non ero vaccinato e c’era il greenpass”. Come mai, gli ha chiesto il giudice, ha risarcito il parroco dei 200 euro che erano nella busta scomparsa? “Volevo fare un’offerta alla parrocchia”.
La giustificazione offerta da Dani Nikolic, cittadino serbo, classe 1976, non è bastata a convincere chi doveva giudicarlo. Anche perché a suo carico c’erano precedenti per furti, alcuni dei quali commessi in chiesa. Don Michele Sanmartino, parroco della chiesa di Borgo, ricordava da parte sua di aver già incontrato più volte quella persona: “Mi aveva fermato chiedendo soldi. Una volta lo avevo pescato in chiesa, mentre stava per rubare dalla borsa della volontaria che sistema i fiori. Un’altra volta, di mattina, l’ho visto dal monitor davanti alla porta della canonica, cercava di aprire a spallate la porta. Lo sgridai, in quell’occasione mi disse che ero un demonio”.
Anche quel giorno il sacerdote aveva notato Nikolic e cercato di evitarlo: “Era davanti alla porta della canonica, si guardava attorno attentamente. Passai dalla chiesa e quando arrivai che la porta era accostata. Nel cassetto del mio ufficio mancavano le buste con le donazioni, circa 200 euro”. Le immagini delle telecamere, acquisite dai carabinieri, avrebbero poi confermato i sospetti del prete: “Si era introdotto - ha spiegato - mentre un’altra persona in ufficio stava parlando con una volontaria. Poi era uscito da un’altra porta, usata dai ragazzi per il catechismo”.
Dopo la denuncia e il rinvio a giudizio l’imputato, residente nel Torinese, ha risarcito il danno e si è visto rimettere la querela. Restava però in piedi l’aggravante del furto in abitazione. Non invece, ha sottolineato il pubblico ministero Luigi Dentis, quella del furto in luogo di culto: “La busta delle offerte era in sacrestia, quella fattispecie è pensata per chi ruba presso l’altare o in chiesa”. Tenuto conto della recidiva, ma anche del risarcimento del danno, la Procura aveva chiesto una condanna a due anni e sei mesi e 800 euro di multa.
L’avvocato Gian Mario Ramondini, difensore dell’imputato, aveva evidenziato “il danno di lieve entità, tenuto conto delle disponibilità della parrocchia”. A giudizio del legale, il luogo del furto non andava considerato come privata dimora: “Possiamo ritenere non fosse un’abitazione privata del parroco, ma un ufficio parrocchiale”. Per questo era stato chiesto il proscioglimento alla luce della remissione della querela. Il giudice Giovanni Mocci ha invece condannato l’imputato alla pena di un anno e tre mesi di carcere.