Le pistole c’erano, la volontà di occultarle, secondo il giudice, no. Per questo due cugini muratori di nazionalità albanese, E.Y. e A.M., entrambi incensurati, sono stati assolti dall’accusa di detenzione illecita di armi.
I due sono finiti nei guai dopo il ritrovamento di un misterioso pacco nel giardino di villa Chiusano, oggi ribattezzata villa Kimera e amministrata dall’ex pilota di rally Luca Betti. All’interno del giardino i due, impegnati in alcuni lavori, avevano trovato il pacco e avevano deciso di metterlo in uno zaino e caricarlo in auto, non potendo avvisare subito il proprietario della villa. Incauta scelta, dal momento che di lì a poco sarebbero incappati in un controllo dei carabinieri, sulla provinciale tra la frazione cuneese di Ronchi e Centallo.
La pattuglia di militari centallesi aveva trovato a bordo tre pistole, una Beretta 7,65 e due semiautomatiche Browning di fabbricazione belga, due delle quali con i caricatori inseriti e i proiettili in canna. Nello stesso involucro c’erano anche una fondina e due scatole di cartucce, contenenti 138 colpi calibro 7,65 e 43 colpi calibro 22. Così sono finiti nei guai sia il proprietario dello zaino, E.Y., sia il cugino A.M., alla guida della Panda fermata dai carabinieri. I viaggiavano insieme alla madre di E.Y., anche lei al lavoro nella villa.
Con i carabinieri i due si sono giustificati in caserma, spiegando quali fossero state le circostanze del rinvenimento. Dalla banca dati delle forze dell’ordine è emerso che nessuna delle armi era stata utilizzata per azioni delittuose, ma le due Browning avevano le matricole abrase. La Beretta, l’unica di cui sia stato possibile tracciare l’origine, risulta essere stata venduta all’interno di un lotto del ministero di Grazia e Giustizia. “Pistole regolarmente denunciate” ha poi chiarito il sostituto procuratore Pier Attilio Stea: “Appartenevano a un avo della famiglia Chiusano, proprietaria della villa affittata alla società di Betti”.
Di queste armi si erano perse le tracce ed erano poi state trovate impacchettate, dentro il canneto della villa. Impacchettate ma funzionanti, e coperte con cura affinché non si rovinassero: “I due imputati dovevano in ogni caso riconsegnarle, perché non lo hanno fatto?” si è domandato il pubblico ministero, chiedendo la condanna di entrambi a nove mesi di reclusione per detenzione illegale di armi. Alla domanda ha risposto, riprendendo la versione dei suoi assistiti, l’avvocato Basilio Foti: “Conoscono bene Luca Betti e non gli è venuto in mente di consegnare il pacchetto alla segretaria. Lo avrebbero voluto dare a Betti in persona quando lo avessero rivisto”. “Non ci sono motivi per non credere alla loro versione” ha aggiunto il difensore, ammettendo che il comportamento “può apparire equivoco, perché hanno preso un pacchetto che non gli apparteneva. Ma lo hanno fatto senza pensare e non c'è alcuna prova per non credere che non sapessero cosa conteneva”.
Nel verbale di arresto, ha sottolineato ancora il legale, si parlava di un pacchetto da cui si intravedeva “parte metallica riconducibile probabilmente ad un’arma”, senza con ciò sostenere che si trattasse per forza di una pistola. Alla prospettazione ha dato credito il giudice Elisabetta Meinardi, Assolvendo Y.M. per non aver commesso il fatto e dichiarando non doversi procedere nei confronti del coimputato E.Y., stante la particolare tenuità del fatto.