Una “proposta di scambio”, o meglio un ricatto, dal momento che al malcapitato destinatario dell’offerta si chiedeva di pagare per riavere un cellulare che gli era stato rubato tre giorni prima.
A proporre la transazione illecita a un professionista cuneese nell’agosto 2020 era stato proprio l’autore del furto, il 28enne somalo A.D., all’epoca scacciato da poco dal Movicentro di Cuneo insieme ad altri senza fissa dimora. Uno di questi, il ghanese F.A., classe 1993, si è trovato a rispondere di complicità in estorsione aggravata quando gli agenti della Questura lo hanno arrestato insieme all’ideatore del furto e del successivo ricatto. Quest’ultimo era stato protagonista in quel periodo di numerosi episodi criminali. Per il più grave di questi, la
rapina ai danni di un diciottenne borgarino commessa nel novembre del 2018, è stato condannato appena due settimane fa a otto anni di carcere.
Era la vigilia di Ferragosto quando il professionista aveva parcheggiato la sua auto alle Basse di Stura, dovendosi recare in zona per lavoro. Al suo ritorno aveva trovato un finestrino sfondato e nessuna traccia del telefono cellulare lasciato all’interno della macchina. Dalle immagini di una telecamera comunale si sarebbe appurato più tardi che a commettere il furto era stato A.D., accompagnato da due uomini di origini marocchine e polacche. Nei fotogrammi lo si vedeva coprirsi il volto con la maglietta, subito prima di scagliare un sasso contro il vetro dell’auto: peccato per lui che l’occhio elettronico lo avesse già ripreso in volto prima che si avvicinasse.
La vittima del furto aveva denunciato l’accaduto alla polizia. Tre giorni dopo, però, si era imbattuto in un gruppo di immigrati e aveva chiesto loro se potessero aiutarlo a recuperare il maltolto. Per puro caso, tra i ragazzi interpellati c’era proprio A.D., il quale si era subito offerto di fargli riavere il telefono in cambio di 200 euro, poi ridotti a 150. All’appuntamento l’uomo si era presentato accompagnato dal fratello ed era stato approcciato da un soggetto con una maglietta gialla, poi identificato nello stesso A.D.: “Diceva che la riva destra dello Stura era molto frequentata in quei giorni, perché avevano sgomberato il Movicentro”. I due avevano detto al somalo che sarebbero andati a prelevare i soldi in banca, tornando qualche minuto dopo.
All’appuntamento si erano presentati anche i poliziotti che i due fratelli si erano premuniti di avvertire già in precedenza. Subito dopo il passaggio di denaro, nei pressi del ponte Vassallo, gli agenti avevano arrestato A.D. e il giovane africano in maglietta nera che avrebbe dovuto restituire il cellulare da lui rubato. Quest’ultimo era F.A., un altro senza fissa dimora, anche lui da poco allontanato dal Movicentro.
Il sostituto procuratore Pier Attilio Stea ha ritenuto integrati gli elementi dell’imputazione contestatagli, ovvero il concorso in estorsione aggravata. “Il fatto che sia la vittima di un furto a fare un’offerta non fa venire meno il reato” ha sostenuto il rappresentante dell’accusa, sottolineando che sebbene non avesse preso parte al furto anche F.A. era consapevole di quanto era successo: “Lui stesso, in interrogatorio, ha dichiarato di sapere che il cellulare era stato rubato a quell’uomo e che gli era stato chiesto denaro per la restituzione”. Per il ghanese la Procura ha dunque chiesto tre anni e quattro mesi di reclusione. L’avvocato Luciano Aimar, difensore dell’imputato, ha sostenuto invece che da parte sua “non ci sia stata una partecipazione tale da far scattare il concorso nel reato”. F.A. avrebbe dovuto ricevere venti euro in cambio del servizio offerto al vero artefice dell’estorsione.
Il tribunale collegiale ha comunque giudicato sussistente il reato e ha condannato l’uomo a due anni e tre mesi di carcere, erogando anche una sanzione pari a 500 euro.