CUNEO - Spari al campo nomadi di Cuneo, per l’accusa fu una faida tra famiglie sinti

Un imputato è a processo per l’episodio avvenuto a Cerialdo nel 2020. Cinque colpi di pistola raggiunsero l’abitazione, dove dormiva anche una bambina

Andrea Cascioli 07/05/2024 17:38

Ci sarebbe una faida tra famiglie sinti all’origine dell’azione intimidatoria, a colpi di pistola, avvenuta nel campo nomadi di Cuneo. Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio del 2020 una delle abitazioni di via del Passatore era stata raggiunta da cinque proiettili, sparati da una pistola calibro 38.
 
I proiettili avevano investito il salotto, conficcandosi nel muro e spaccando due finestre, una sulla strada e una, di rimbalzo, verso il retro. Nessun ferito ma tanta paura per la famiglia che in quel momento dormiva in casa: una coppia di 57 e 54 anni, una giovane mamma 29enne e la sua bambina di appena sette anni. Erano stati gli occupanti a chiamare il 112 alle tre e mezza di notte, anche se in seguito non è mai stata sporta una formale denuncia per l’accaduto.
 
Gli inquirenti sono risaliti al presunto responsabile, oggi in carcere per altri reati, grazie alle intercettazioni dei giorni successivi. L’uomo accusato di detenzione illegale di armi e minaccia è anch’egli un residente del campo di Cerialdo: in quel periodo il telefono era già sotto controllo, per un’indagine su una serie di furti in istituti di credito. “Sapevamo che c’erano questioni familiari, per via della frequentazione tra sua figlia e il compagno della 29enne che viveva in quella casa” ha spiegato in aula l’assistente capo Alberto Giostra, uno degli agenti della Squadra Mobile che seguirono il caso. La figlia dell’imputato, all’epoca minorenne, era stata rintracciata tempo prima in compagnia del destinatario delle minacce, residente in Toscana: “Dalle intercettazioni emergeva che il sospettato avesse un’arma a disposizione. Ne parlava con un conoscente, affermando di tenere la pistola ‘sempre a portata di mano’ perché non sapeva come potesse finire questa discussione”.
 
Ulteriori riscontri sarebbero venuti dalle telefonate fatte dai fratelli della persona offesa: “Il sospettato era stato avvisato della sua presenza a Cuneo e per loro era un problema, non capivano chi gliel’avesse riferito”. Agli atti c’è anche un messaggio, in cui l’attuale imputato scriveva all’altro uomo “stavolta sei morto”. È emerso che nello stesso periodo altri appartenenti alla comunità sinti svolgevano un ruolo di “pacieri” in questa faida. Uno di loro era Gianni Barovero, detto Telemaco: dalle intercettazioni a suo carico sarebbe scaturita l’inchiesta “Family Affairs” che ha portato, nel 2022, a dieci misure cautelari per furti e associazione a delinquere e al recupero di oltre 300mila euro di beni rubati.
 
Il processo per gli spari al campo è aggiornato al 18 ottobre.

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