È finito con una condanna a sei mesi e con un risarcimento di 5mila euro da versare alla parte offesa, più gli oltre 3mila euro di spese giudiziarie, il
processo per stalking intentato contro L.G., residente a Chiusa Pesio.
A denunciare il giovane era stata la ex fidanzata V.G., originaria di Roccavione, con il quale l’imputato aveva convissuto per alcuni mesi a inizio 2018 in un alloggio di Borgo San Dalmazzo. Per i due ragazzi doveva essere il coronamento di una storia d’amore iniziata sui banchi di scuola, oltre sette anni prima, ma la breve esperienza aveva posto fine ai loro progetti in comune.
Lui a quel punto se n’era andato, lasciando a V.G. l’abitazione affittata insieme fino a luglio. A giugno però erano cominciati i problemi, con messaggi sempre più insistenti sul cellulare della ex convivente, fino a cinquecento in un giorno. L’imputato chiedeva che gli venissero restituiti oggetti e arredamenti di casa, ma c’erano anche frasi più preoccupanti dove annunciava alla ragazza che l’avrebbe aspettata. E in effetti V.G. aveva incominciato a vederlo sempre più spesso: sotto casa, alla fermata del pullman, all’andata e al ritorno dall’ufficio in cui lavora a Cuneo.
Nessun episodio di violenza o minaccia, ha chiarito lei stessa, ma una serie di vicissitudini spiacevoli tra cui la scoperta di un profilo Facebook dal nome molto simile al suo, con una foto della ragazza che soltanto lui poteva avere e che era scomparso solo dopo aver chiesto chiarimenti in merito all’ex fidanzato.
Le ‘attenzioni’ pressanti erano continuate anche dopo che lei aveva fatto ritorno nella casa dei genitori a Roccavione. In un’occasione i Carabinieri erano intervenuti trovando nell’auto di L.G. un coltello a serramanico, una seconda lama nel cruscotto e una mazza da baseball nascosta sotto il sedile posteriore.
I comportamenti vessatori sarebbero poi peggiorati da settembre, quando V.G. aveva intrapreso una nuova relazione con un altro uomo. Quest’ultimo ha testimoniato in tribunale di essere stato seguito in auto più volte dall’imputato e infastidito sia sul cellulare che su Facebook da profili falsi, che lui riteneva essere riconducibili all’ex compagno di lei. Nemmeno l’ordine restrittivo era bastato a far desistere L.G., le cui insistenze sarebbero proseguite fino alla querela presentata in novembre.
Il pubblico ministero Gianluigi Datta ha chiesto per l’imputato due anni di reclusione, sostenendo che le discussioni sulla divisione dei beni comuni non giustificassero in alcun modo le condotte del giovane: “Nemmeno si tratta di un semplice ex fidanzato geloso. - ha affermato il pm - Altrimenti non si spiegherebbero gli appostamenti nelle vicinanze della persona offesa né gli inseguimenti protratti per sei mesi, anche nei confronti del nuovo ragazzo di lei”.
L’avvocato di parte civile ha sottolineato come i vari comportamenti posti in essere dall’imputato abbiano pregiudicato “sia la libertà morale che lo stato di salute della vittima”, provocandole un “perdurante e aggravato stato di ansia” che sarebbe peggiorato quando V.G. ha iniziato a temere non solo per la propria sicurezza ma per quella della persona a cui si era sentimentalmente legata.
Per la difesa, la questione essenziale sarebbe invece la rottura problematica di un rapporto cominciato nell’adolescenza e protrattosi per parecchi anni, rottura a cui tuttavia L.G. non aveva opposto grosse resistenze. Sulle vicende successive avrebbe pesato l’assenza di aiuto psicologico: solo dopo che il ragazzo era stato sottoposto a un duraturo ricovero nell’ottobre 2018, infatti, le sue condotte moleste erano cessate del tutto, tanto che nemmeno i successivi incontri casuali con la ex fidanzata avevano determinato ulteriori problemi.
Il giudice Marcello Pisanu ha comunque riconosciuto L.G. colpevole per le imputazioni contestate fino a novembre, assolvendolo invece per i fatti successivi.